Velocità e adattamento: le pmi bresciane sfidano l'Europa
#BresciaRegeneration è il progetto realizzato da Confindustria Brescia e Prometeia, col supporto dell’Università di Brescia, volto a delineare i futuri possibili del nostro territorio all’orizzonte 2030 e le azioni da mettere in campo per la realizzazione di questo modello. L’analisi è fondata su 4 capitoli, mettendo a confronto la nostra provincia con altri territori a più intensa vocazione industriale.
L’ultima parte del progetto ha riguardato la «prospettiva strategica». Il percorso ha visto il coinvolgimento di un think tank di opinion leaders a livello nazionale e internazionale, nonché di dieci focus group che hanno coinvolto un centinaio di aziende associate a Confindustria Brescia. Ciò ha permesso l’elaborazione di tre scenari: il primo «Baseline» racconta lo scenario tendenziale delle tendenze in atto; il secondo, scenario «Di contrasto» riunisce le ipotesi più sfidanti per le industrie bresciane, rappresentando lo scenario maggiormente «critico»; da ultimo, lo scenario più «desiderabile» ovvero la visione di #BresciaRegeneration.
In questo scenario futuro, lasciata alle spalle la pandemia, l’economia globale riesce a riprendere immediatamente il suo percorso di crescita, in quella che è definita una ripresa a V. Una popolazione in età lavorativa in crescita nella maggior parte delle economie emergenti e il trasferimento dell’occupazione dall’agricoltura all’industria e ai servizi contribuiscono – trainate dalla diffusione delle tecnologie 4.0 - ad aumentare la produttività totale (lato dell’offerta) e la domanda aggregata (lato della domanda) globale.
Nonostante le tendenze demografiche avverse, il problema dell’invecchiamento della popolazione (nei Paesi avanzati, ma non solo) viene affrontato con decisione e vengono messe in campo molte “soluzioni per la longevità”. In Europa, ad esempio, un forte investimento negli strumenti di welfare, anche grazie all’impiego efficiente ed efficace delle risorse del Fondo Next Generation EU, hanno infatti un riscontro positivo non solo in termini di occupazione e protezione sociale, ma anche sul fronte della sanità e delle politiche per la non-autosufficienza.Il rapido ritorno sul sentiero di crescita non ha però ignorato gli insegnamenti della triplice crisi – sanitaria, economica e sociale - dei primi anni ‘20. La crisi pandemica ha messo in luce i limiti legati alla dipendenza da Paesi lontani per la fornitura di beni e servizi. Nel post-crisi diventano primari gli obiettivi di velocità, sicurezza degli approvvigionamenti e «plasticità» delle filiere, driver principali in base ai quali si sono riconfigurate le principali catene del valore globali.
Sono sempre più importanti le forniture «on-demand», e quindi necessaria la capacità di riadattare produzione, programmi e soprattutto logistica in maniera rapida, per essere in grado di portare beni e servizi nel luogo in cui sono richiesti. In questo contesto, si assiste ad una graduale ripresa del commercio internazionale ma con una contestuale regionalizzazione delle catene del valore.
Molte produzioni tornano dall’Asia verso l’Europa (reshoring o nearshoring), e le catene del valore tornano ad accorciarsi, sviluppandosi all’interno di blocchi geografici con regole commerciali comuni (Asean, UE, Nafta, Mercosur, ecc.). In questo contesto, le imprese italiane consolidano la loro presenza all’interno delle catene di fornitura del continente, in particolare in quelle a regia tedesca, oltre a rafforzare il controllo sulla propria catena del valore, elemento rivelatosi critico durante la crisi pandemica.
Nonostante l’accorciamento delle catene del valore, la cooperazione tra i paesi si rafforza proprio nell’ambito della sostenibilità e si prosegue nella realizzazione e nell’attuazione di Agenda 2030 a livello globale, per raggiungere obiettivi condivisi e stringenti di sostenibilità. L’accettazione convinta dei principi alla base degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile porta imprese e policymaker a mobilitare risorse e adottare meccanismi di riduzione dell’impatto ambientale delle loro attività.
Per quanto riguarda il cambiamento climatico, vengono ad esempio implementate azioni mirate a raggiungere il target 2030 di riduzione del 40% delle emissioni rispetto agli anni ’90, con una decisa accelerazione rispetto ai risultati conseguiti negli anni ‘10.
Agenda 2030 viene non solo implementata a livello politico ma anche interiorizzata nelle strategie aziendali con svolte strutturali e insegnata nelle scuole. Le imprese implementano analisi sistematiche della propria impronta ecologica e del profilo di sostenibilità di processi e prodotti, identificando le criticità ambientali e valutando la loro significati-vità. Nel campo dell’economia circolare vengono sviluppate piattaforme, grazie alla collaborazione tra imprese del territorio, per abbattere i costi a partire da energia, materie prime, scarti e sprechi.
I temi della sostenibilità diventano quindi fondamentali per la competitività delle imprese, orientati anche dalle scelte di consumo delle nuove generazioni.
Nel 2030 due terzi della popolazione mondiale sono composti da millennials e Generazione Z, generazioni sensibili ai temi della sostenibilità e ad un consumo consapevole. Le imprese si orientano quindi su nuovi modelli di consumo, focalizzati sempre di più sul contenuto del servizio piuttosto che sul bene fisico, sia in ambito B2B che B2C.
Se, da un lato, la fine dell’emergenza sanitaria genera nei consumatori il bisogno di recuperare il tempo perduto, con la moltiplicazione di occasioni di socialità e consumo, dall’altro il contenuto digitale e il livello di servizio diventano sempre più cruciali nell’orientare le scelte dei consumatori. Si assiste quindi ad un significativo rimbalzo nei consumi, guidato però da un forte orientamento all’”esperienza” e al servizio.
Grazie allo sviluppo delle tecnologie digitali, infatti, si abilitano nuovi modelli di business legati alla service transformation che spostano il focus dal prodotto ai servizi a esso connessi (manutenzione predittiva, monitoraggio da remoto, consulenza e supporto, customizzazione, servizi alla persona inclusi nei beni manifatturieri, ecc.), offrendo nuove opportunità di business alle imprese.
In questo contesto, le tecnologie già esistenti nel 2020 (come IoT, stampa 3D, robotica avanzata, veicoli autonomi, ecc.) si evolvono grazie ad una superiore capacità computazionale e di lettura dei dati, determinando fenomeni di «singolarità» tecnologica che entrano a far parte della quotidianità (sia nella produzione che nei consumi).
La rivoluzione digitale, a partire dalle infrastrutture (5G) trasforma le società in società del sapere, con maggiori capacità di adattamento e orientamento del proprio ecosistema di riferimento. Le piattaforme e i nuovi canali digitali supportano le relazioni tra imprese, ampliando le potenzialità di mercato, sia in termini di comunicazione e vendita (soprattutto grazie all’anticipazione dei bisogni, attraverso l’elaborazione di grandi quantità di dati) che di recruiting (grazie al lavoro da remoto).
Il completamento della quarta rivoluzione industriale avviene senza creare squilibri permanenti nel mondo del lavoro grazie ad un adattamento progressivo delle competenze che si sviluppano ed aggiornano grazie a modelli life-long learning.
Grazie, infatti, ad un’efficace collaborazione tra famiglie, sistema formativo e industria, il mismatch tra domanda ed offerta formativa viene progressivamente colmato. Anticipando e moltiplicando i momenti di incontro fra imprese e studenti, attivando progetti di alternanza scuola-lavoro, individuando nuovi equilibri tra percorsi umanistici e STEM, indirizzando e sponsorizzando corsi di studi e coltivando – tramite percorsi di imprenditorialità e sostegno finanziario – nuove startup.
Famiglie, mondo industriale, scuola ed i vari livelli di governo coinvolti, interagiscono in modo sistematico e definiscono congiuntamente un nuovo modello di co-progettazione dell’offerta formativa, basato su una «visione condivisa» della società futura da costruire.
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