Economia

Taglio dell’Irpef, Istat e Bankitalia: «Premia i redditi più alti»

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti si difende: «Intervento a favore di chi non ce la fa». Opposizioni all’attacco
Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Il taglio dell’Irpef, pensato per aiutare il ceto medio, in realtà dispiega i benefici maggiori a favore dei redditi più alti. L’ultima tornata di audizioni svela il vulnus di una delle misure più significative della manovra. La Banca d’Italia è netta: si fa poco sulla disuguaglianza dei redditi. Rilievi su cui concordano la Corte dei Conti, l’Istat e l’Upb. Ma il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti allontana le critiche e, assicurando la «tutela dei redditi medi», rivendica la linea del rigore per garantire una gestione responsabile dei conti.

Le analisi degli istituti che si susseguono davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato sono concordi: il taglio di due punti della seconda aliquota Irpef sui redditi da 28mila a 50mila euro riguarda circa il 30% dei contribuenti (oltre 13 milioni di persone) e comporta un beneficio annuo medio di circa 230 euro, ma gli effetti maggiori sono di fatto per le fasce più alte. «Oltre l’85% delle risorse» sono destinate «alle famiglie dei quinti più ricchi della distribuzione del reddito», evidenzia l’Istat. «In sede di concreta attuazione, l’effetto massimo» si ha per «i contribuenti con reddito pari o superiore ai 50.000 euro fino ai 200.000 euro», aggiunge la Corte dei Conti.

Il calcolo

L’Upb quantifica il beneficio medio: 408 euro per i dirigenti, 123 per gli impiegati, 23 euro per gli operai, 124 per gli autonomi e 55 per i pensionati. La Banca d’Italia allarga lo sguardo e avverte: le misure a sostegno del reddito delle famiglie in manovra non comportano «variazioni significative della disuguaglianza nella distribuzione del reddito disponibile equivalente tra le famiglie». Il tutto in una situazione in cui «dal 2019 al 2023 c’è stata un’ampia perdita di potere d'acquisto del 10%, recuperata solo di 3 punti».

Ma il titolare del Mef difende la misura. «Tutela i contribuenti con redditi medi», ribatte Giorgetti, che sulle critiche lascia trasparire un certo disappunto. «Ho grande rispetto per i soggetti auditi prima di me. Io ho lo svantaggio di prendere le decisioni e non fare solo il professore», dice. L’invito è dunque a guardare anche quello che è stato fatto in questi 3 anni. «C’è un intervento equilibrato che tiene conto del complesso delle misure», sottolinea il ministro, che «corregge» anche sul fiscal drag: «Per i redditi più bassi è stato ampiamente coperto fino 35mila euro».

La replica

La difesa è a tutto campo. La manovra si inserisce in un quadro «incerto» e la priorità è proseguire con la «politica di bilancio responsabile» che dai rating allo spread sta dando i suoi frutti, spiega, assicurando che sulla sanità è stato fatto uno «sforzo enorme» e l’efficientamento della spesa non pregiudica gli interventi. Se dunque questa è la proposta «condivisa» in cdm, il Parlamento potrà modificarla ma tendendo conto dei vincoli dettati dai «nuovi parametri europei», avverte Giorgetti, assicurando (dopo gli attacchi delle scorse settimane contro la Ragioneria) «la massima collaborazione delle strutture tecniche» del Mef.

E se sui dividendi già si lavora ad una soluzione, Giorgetti apre a modifiche sugli affitti, mentre è cauto sulle richieste della Lega sull’aumento del contributo delle banche («vediamo gli emendamenti») e sull'ampliamento della rottamazione («voglio vedere le coperture»).

Il ministro, che in serata rivede i rappresentanti del suo partito per fare il punto, rivendica l’intervento a favore di «chi non ce la fa» ma assicura che sarà l’ultimo. Concluse le oltre 80 audizioni, sono stati subito nominati i relatori: 4, uno di ogni partito di maggioranza. La prossima settimana il lavoro in Senato entrerà nel vivo, con gli emendamenti attesi entro il 14.

Le opposizioni sono già sul piede di guerra. «È una manovra di ostilità e senza visione», dice la leader dem Elly Schlein che ha avuto un incontro di tre ore con il presidente di Confindustria Emanuele Orsini. Con Meloni è il paese alla rovescia, aggiunge il leader M5s Giuseppe Conte. La Cgil intanto scalda i motori: domani riunisce a Firenze l’assemblea dei delegati che ha sul tavolo anche la valutazione dello sciopero generale.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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