Economia

Ripristino della natura, la difesa degli habitat passa da Bruxelles

La bozza di regolamento approvata dal Parlamento. Patrizia Toia: «Costi e carenze impegno per la politica»
L’incontro alla «Fabbrica del futuro» è stato organizzato da Fondazione UNA e dall’Università degli Studi di Brescia - © www.giornaledibrescia.it
L’incontro alla «Fabbrica del futuro» è stato organizzato da Fondazione UNA e dall’Università degli Studi di Brescia - © www.giornaledibrescia.it
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La proposta di regolamento sul ripristino della natura («Nature restoration law»), approvata a luglio dal Parlamento Ue, ha posto l’Europa di fronte a una grande sfida.

L’obiettivo fissato dalla normativa non lascia troppo spazio a indugi: è richiesta l’adozione, entro il 2030, di misure di ripristino ambientale che coinvolgano almeno il 20% delle aree terrestri e marine europee degradate. Inevitabile il dibattito, già caldo nell’Aula di Bruxelles, su una legge che condizionerà l’azione legislativa dei governi, gli investimenti delle imprese e gli sforzi e le strategie del mondo scientifico.

Voto non facile

Un’occasione di confronto sul tema si è avuta giovedì mattina alla «Fabbrica del futuro» al Parco dell’acqua di Brescia, un dialogo - incontro promosso da Fondazione UNA (Uomo, Natura, Ambiente) e Università degli Studi di Brescia - tra esponenti del mondo accademico, della politica e dell’impresa, dal titolo «Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul ripristino della natura: tra vincoli e opportunità», moderato dal direttore del Giornale di Brescia Nunzia Vallini. «Fondazione UNA ha scelto Brescia come sede perché è un luogo del fare - ha spiegato il suo presidente Maurizio Zipponi -. Bisogna che imprese e lavoratori non subiscano ma dialoghino con l’Europa».

Per le istituzioni comunitarie è invece intervenuta Patrizia Toia, vicepresidente della Commissione industria, ricerca ed energia del Parlamento europeo. «Il Nature restoration law è un provvedimento impegnativo - ha evidenziato l’europarlamentare del Partito democratico –, però necessario: non è per una conservazione museale della natura, ma per consentire la vita dell’uomo».

Il passaggio in Parlamento è stato burrascoso e l’approvazione è arrivata alla fine con soli 36 voti di scarto. Un iter che ha avuto delle ripercussioni sui contenuti: «La proposta è cambiata molto dalla Commissione al Parlamento - ha rimarcato Toia -. Si è votato per singoli emendamenti e ne è venuto fuori un testo molto differenziato e più annacquato rispetto alla versione iniziale». Tuttavia, continua, «è importante che si sia fatta una legge che ci dice come dobbiamo normare, assieme alla scienza. Circa l’80% degli habitat protetti Ue è in cattive condizioni, urge ragionare in un’ottica di prospettiva».

Ostacoli

Un percorso che non sarà di certo sempre semplice: «Pensare sul medio o lungo periodo può comportare dei sacrifici, per raccogliere però frutti in futuro - ha detto Toia -. Va messo in conto che ci saranno carenze e costi, di cui la politica deve farsi carico, accompagnando la trasformazione». Il testo individua sette habitat da ripristinare e per ciascuno degli obiettivi: «L’aver identificato tutti questi ecosistemi è stato molto faticoso. Non sono mancate le sottovalutazioni, come quando discutevamo sul ripristino degli impollinatori: ma la scienza ce ne ha dimostrato l’importanza. C’è stata anche una grande campagna di disinformazione. Non è vero che aumenteremo moltissimo le aree protette, né che, inserendo gli ecosistemi urbani, impediremo nuove costruzioni, anche se in fondo non sarebbe male un minore consumo del suolo: chiediamo solo un aumento delle aree verdi».

Ora, perché la proposta diventi legge, occorre che si concluda il trilogo, l’interlocuzione tra le tre istituzioni principali dell’Ue per approdare a un testo condiviso e conclusivo. «Il calendario è fitto e non so se si riuscirà a finire prima delle elezioni (sono previste dal 6 a l 9 giugno 2024 ndr): io personalmente spero di sì. Adesso occorrono investimenti, programmazione e piani nazionali di attuazione - ha concluso -. Senza panico, il testo, forse purtroppo, non è così costrittivo».

Gli esperti

Alla tavola rotonda gli esponenti del mondo scientifico hanno dichiarato di apprezzare la norma e invitato a basarsi su dati obbiettivi. «Non sappiamo bene cosa sia la biodiversità - ha detto il professor Gianni Gilioli, responsabile di Agrofood research hub dell’UniBs -, cerchiamo anche di capire come funziona. C’è spazio per decisioni, purché si agisca con consapevolezza». Il vicepresidente di Confindustria Brescia con delega a Transizione sostenibile e Sicurezza Fabio Astori ha chiesto che «si coniughino ambiente e esigenze delle imprese e che il regolamento sia chiaro e rapido, per conoscere per tempo i costi da sostenere».

Un ammonimento è arrivato in conclusione da Michèle Pezzagno, direttrice del Centro di ricerca e di documentazione di ateneo per l’Agenda 2030: «Le strategie dell’Europa sono di alto livello - ha detto -, ma spesso le ricette non sono facili come vorremmo. Siamo disposti a ricevere dei no?».

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