Potere d’acquisto, Confindustria e Confapi: «Le imprese si sforzano»

Dai dati resi noti dall’Istat sul potere d’acquisto dei salari reali emerge un segnale chiaro: «Negli ultimi anni le retribuzioni, in media, hanno faticato a tenere il passo dell’inflazione». A dirlo è Fabrizio Vicari, vicepresidente di Confindustria Brescia con delega a Relazioni industriali e organizzazione.
«È una fotografia utile, ma pur sempre una media nazionale che non racconta appieno le dinamiche dei singoli settori - sostiene -. Nel manifatturiero, che è il cuore delle imprese che rappresentiamo, la realtà è più articolata, con la presenza di Contratti nazionali che prevedono il recupero dell’inflazione. Molte aziende applicano, ad esempio, il Ccnl Metalmeccanico, che negli ultimi anni ha attivato meccanismi di recupero importanti grazie all’adeguamento all’Ipca e che da ultimo, ha visto di recente un’ipotesi di rinnovo con aumenti significativi. Parliamo di incrementi salariali che consentiranno di contrastare l’inflazione prevista e che si aggiungono a quelli già riconosciuti negli anni precedenti».

Per Vicari «è uno sforzo reale e concreto da parte delle imprese, soprattutto in una fase storica segnata da costi energetici altalenanti, catene di fornitura ancora fragili, instabilità geopolitica e rallentamento della domanda internazionale».
Nonostante ciò, «il settore ha continuato a investire nella tutela del potere d’acquisto dei lavoratori, consapevole che la competitività passa anche dalla qualità e dalla stabilità del lavoro. L’impegno delle imprese, però, non può sostituirsi a politiche economiche più ampie: per sostenere salari, produttività e investimenti serve un contesto Paese più solido, capace di accompagnare sia famiglie sia aziende in una fase complessa. Continueremo a ribadirlo: la crescita non si costruisce mai da una sola parte, ma lungo tutta la filiera economica e sociale».
Produttività
Dal 2021 i salari reali hanno perso l’8,8% di potere d’acquisto. Per Pierluigi Cordua, presidente di Confapi Brescia, la risposta alla situazione messa in luce dai dati Istat «non deve essere solo emergenziale, ma deve concentrarsi sull’aumento strutturale della produttività, soprattutto nelle piccole e medie imprese che rappresentano l’ossatura del nostro tessuto produttivo».

Molte «Pmi», prosegue Cordua, «scontano limiti di scala, capitale e competenze digitali e manageriali che comprimono margini e possibilità di riconoscere salari più elevati. Per questo spingiamo su innovazione, digitalizzazione e formazione: solo se il valore aggiunto per addetto cresce più dei costi si aprono spazi reali per nuove assunzioni e aumenti retributivi».
In quest’ottica, sottolinea il presidente, «si inserisce la partnership che abbiamo sottoscritto con Microsoft e la diffusione dell’intelligenza artificiale nelle imprese bresciane. Le previsioni Istat per il 2025, con retribuzioni pro capite in crescita oltre l’inflazione, sono incoraggianti, ma il pieno recupero del potere d’acquisto dipenderà dalla capacità delle nostre aziende di difendere quote di mercato, consolidare l’export e sostenere lo sviluppo del Paese».
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