Economia

Perché a Cremona ci sono imprenditori che investono nella società e a Brescia no?

Manca l'idea di restituzione, cioè il rendersi conto che, dopo aver molto guadagnato, qualcosa deve tornare alla città
Il convento dei Saveriani a Brescia - © www.giornaledibrescia.it
Il convento dei Saveriani a Brescia - © www.giornaledibrescia.it
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Leggevo qualche giorno fa sul Giornale di Brescia un articolo di Alberto Albertini, come sempre interessante. E sotto il titolo «Se in azienda fiorisse l'idea di restituzione», Albertini commentava di quante risorse la città disponga, di quante esigenze ci siano e di come, per contro, le aziende faticano (ma è un mio eufemismo) a coltivare quella che Albertini chiama, per l'appunto, l'idea di restituzione. Ovvero il rendersi conto che, dopo aver molto guadagnato, qualcosa deve tornare alla città.

È un po’ l'idea molto americana dei super miliardari che destinano risorse importanti (parlo di miliardi) a fare cose utili, cose buone, filantropia l'avremmo detta un tempo. C'è alla base la formazione protestante (la ricchezza come segnale di Dio, ma anche come obbligo anche di restituzione, per l'appunto), ma con ogni probabilità c'è anche l'idea di fare qualcosa che vada oltre il fatturato e l'utile e che - sperabilmente - resti per il dopo di noi.

Alberto Albertini cita anche, per restare a noi più vicini, il casi molto noti della università Bocconi o dell'Istituto Negri di Milano: istituzioni magnifiche che sopravvivono, prosperano e continuano a far del bene dopo decenni e decenni dalla scomparsa dei loro promotori.

Mi permetto di aggiungere un caso a noi ancora più vicino e con il promotore ancora ben presente, ovvero il Cavaliere Arvedi di Cremona. Fra le molte cose finanziate e realizzate: il museo della liuteria e la nuova sede dell'università Cattolica. Milioni e milioni di euro. Perché a Cremona sì e a Brescia no? Perché a Cremona un imprenditore decide di fare quelle cose con quella potenza di sostegno e da noi no? Certo, Arvedi ha fondato e guida un gruppo siderurgico importante, solido, innovativo. Ma perché: a Brescia non ci sono gruppi e famiglie - ripeto: famiglie - di industriali solidi, innovativi, che possono - senza perdere un minuto di sonno - immaginare di sostenere interventi importanti? 

Sempre Albertini suggerisce, fra le cose importanti e magnifiche da poter realizzare, l'acquisto del complesso dei Saveriani, la magnifica struttura che i religiosi non riescono più a sostenere, affacciata sul Capitolium, sotto il Castello, un chiostro mozzafiato, un refettorio affrescato dal Romanino: una perla che cerca una nuova funzione. Per esempio qualcosa che abbia a che fare con l'università o con funzioni similari.

Un po' di anni fa, ad un bravo, bravissimo imprenditore (fatto dal niente, standing di vita quasi monacale, innovatore sulle macchine in fabbrica e sulle persone: bravo, bravissimo, mi ripeto) chiesi perché non mettesse un po' di soldi per far qualcosa che restasse a segnare una storia imprenditoriale, a ricordare anche il suo nome (si era ai tempi della giunta Paroli e dell'idea del campus universitario) e gli dissi queste cose dopo che mi aveva confessato che lui investiva quel che avanzava dalla fabbrica solo in titoli di Stato. «Ne ho più di cento milioni», mi disse. E quindi restai sorpreso quando alla mia modesta sollecitazione lui mi disse che sì, un po' di beneficenza lui già ne faceva e sosteneva, ad esempio, il Cosp del suo paese...

Ora, ovviamente sostenere il Cosp con qualche decina di migliaia di euro è cosa buona e saggia. Ma mi sorprese la modesta visione. Tanto era visionario e lungimirante nel vedere il futuro della sua fabbrica, tanto non capiva perché mai avrebbe dovuto mettere 10 milioni per realizzare un campus universitario. Forse bisognerebbe tornarci alla carica, spiegargli meglio, coinvolgerlo di più, convinto come sono che a Brescia ci sono decine di famiglie che hanno disponibilità almeno analoghe al nostro Cavalier Arvedi e che se decidessero che sì, che se servono 10 milioni per l'università, eccoli qua. Senza perdere - mi ripeto - un minuto di sonno, a restituzione parziale di quanto avuto e per un ricordo perlomeno secolare. 

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