Bonus Giorgetti: come funziona, a chi spetta e quanto vale in busta paga
Dal prossimo settembre debutta ufficialmente il cosiddetto bonus Giorgetti, la misura inserita nella Legge di Bilancio 2025 e regolata dalla circolare Inps n. 102 del 16 giugno 2025.
L’incentivo riguarda i lavoratori che hanno già i requisiti per la pensione anticipata ma decidono di restare ancora in servizio: in cambio ricevono in busta paga la quota dei contributi che normalmente verrebbero trattenuti a loro carico. Un extra netto, esentasse, che aumenta lo stipendio mese dopo mese.
Quando parte
Il calendario è differenziato: per il settore privato scatterà il primo settembre 2025, per il pubblico impiego dal primo novembre 2025.
La decorrenza effettiva dipende però dal momento in cui il lavoratore matura i requisiti per l’anticipo e da quando presenta la domanda. Se l’istanza viene inoltrata subito il beneficio parte dalla prima finestra utile di pensionamento, se invece si fa richiesta in un secondo momento, l’esonero contributivo decorre dal mese successivo.
A chi spetta
La platea è ampia: il bonus è destinato ai lavoratori dipendenti iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria (Ago) e alle forme sostitutive o esclusive. Quindi non solo dipendenti pubblici e privati ma anche artigiani, commercianti, coltivatori diretti e parasubordinati.
Occorre maturare i requisiti per la pensione anticipata ordinaria entro il 31 dicembre 2025 (42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne) oppure quelli previsti da Quota 103 (62 anni di età e almeno 41 anni di contributi).
Sono esclusi, invece, coloro che hanno già raggiunto l’età per la pensione di vecchiaia o chi è già titolare di trattamento pensionistico, fatta eccezione per chi percepisce assegni di invalidità.
Cosa cambia in busta paga
Oggi i dipendenti del settore privato versano il 9,19% dello stipendio lordo come contributi Ivs. Con il bonus Giorgetti questa quota non viene più trattenuta ma compare direttamente in busta paga come voce aggiuntiva, totalmente esentasse. Nel pubblico la percentuale è dell’8,89%.
Il datore di lavoro continuerà a versare la propria parte, quindi l’accumulo previdenziale non si interrompe del tutto. Il rovescio della medaglia è che la mancata contribuzione a carico del dipendente può tradursi in una futura pensione leggermente più bassa. Per compensare, resta possibile il versamento volontario di contributi.
Conviene davvero?
Il beneficio è immediato e liquido: un aumento mensile netto che può rendere più interessante rimanere al lavoro per qualche mese in più.
La convenienza è però soggettiva: più breve è la permanenza, più il vantaggio compensa la lieve riduzione dell’assegno pensionistico futuro. Se invece si resta molto a lungo, la perdita potenziale sul montante previdenziale potrebbe farsi più rilevante.
Quanto vale
Gli importi possono essere consistenti. Con un reddito lordo annuo di 40mila euro, il guadagno netto in busta paga supera i 575 euro al mese, cioè circa 3.300 euro l’anno. Secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio in alcuni casi l’incremento può arrivare fino a 6.900 euro annui. Va però ricordato che il beneficio si riduce con l’avvicinarsi dell’età pensionabile.
Quanto dura
Il bonus si può richiedere una sola volta nell’arco della vita lavorativa e resta attivo fino al raggiungimento dell’età di vecchiaia o fino al momento in cui si decide di andare in pensione. È prevista anche la possibilità di revoca, ma solo una volta: in quel caso l’incentivo cessa e scatta la pensione.
Come fare domanda
La richiesta deve essere inoltrata all’Inps tramite la procedura online con credenziali Spid, Cie o Cns. In alternativa ci si può rivolgere a un patronato. L’Inps verifica la posizione contributiva e comunica l’esito entro 30 giorni sia al lavoratore sia al datore di lavoro. Solo dopo questo passaggio l’aumento netto comparirà in busta paga.
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