Moda, etica e trasparenza: nasce la nuova certificazione di filiera

Una certificazione di filiera per il settore moda, che verifichi la regolarità contributiva, fiscale e giuslavoristica delle imprese lungo tutto il processo produttivo. Questa la proposta avanzata dal governo, che dopo il passaggio al Senato si appresta a sbarcare alla Camera. Si tratta di uno strumento pensato per sostenere le piccole e medie imprese del comparto, ossatura di un settore che dietro ai grandi marchi cela un’intricata rete fatta di realtà di ridotte dimensioni ma grandi competenze.
I numeri
Brescia guarda con grande interesse a quanto sta succedendo a Roma. Il sistema moda bresciano vanta 1.292 imprese registrate al terzo trimestre 2025, di cui quasi il 60% artigiane (nel 97,5% dei casi con meno di 50 dipendenti), e occupa oltre 8.700 addetti, di cui più di 3.200 nell’artigianato. Nel 2024 le esportazioni hanno toccato quota 815 milioni di euro.
In tale scenario la certificazione di filiera, capace di valorizzare non solo il prodotto finale ma tutto il processo produttivo, appare come un’opportunità. Nello specifico si tratta di un’attestazione volontaria, realizzata da soggetti abilitati alla revisione legale, che verifica la regolarità contributiva, fiscale e giuslavoristica delle imprese lungo tutta la value chain, dal capofila ai subfornitori, nonché l’assenza di condanne o sanzioni per i titolari o amministratori in materia di lavoro e sicurezza. Lo scopo ultimo è valorizzare le specificità del tessuto produttivo italiano, cercando anche di togliere quell’aura di poca trasparenza che aleggia sul Made in Italy dopo i recenti casi di cronaca (da Alviero Martini a Loro Piana solo per citarne alcuni) e di contrastare lo strapotere dilagante della fast fashion.
Le dichiarazioni
«Abbiamo accolto questa novità con favore – dichiara Eugenio Massetti, presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia –, perché rappresenta un passo importante per la tutela del vero Made in Italy e del saper fare artigiano che è alla base anche del settore della moda bresciana. Ma non basta: serve una riforma più ampia che valorizzi la manifattura locale e istituisca un tavolo tecnico permanente per definire modelli di controllo efficaci e sostenibili».
A sottolinearlo è anche Massimo Vielmi, presidente provinciale e regionale della Federazione Moda di Confartigianato: «Il settore attraversa oggi una fase complessa, segnata da scandali, delocalizzazioni occulte e rapporti contrattuali penalizzanti per molte imprese artigiane. Il rischio è quello di compromettere la credibilità di un sistema produttivo fondato sulla qualità e sull’etica del lavoro». E continua: «La certificazione serve, ma serve un sistema che rimetta al centro il valore umano e manifatturiero del nostro modello produttivo e, soprattutto che tale certificazione sia uno strumento di competitività reale e non un ulteriore adempimento burocratico».
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