Economia

Milioni di vestiti spediti a casa: la Cina aggira dazi, dogane e Iva

Confindustria Moda lancia l’allarme: «Sistema produttivo sotto attacco». Nel primo semestre, l’export italiano è sceso del 4% mentre l’import è salito del 6%
Una modella in passerella - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Una modella in passerella - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Di nomi preferisce non farne, ma è chiaro quali siano i colossi cinesi dell’ultra fast fashion cui si riferisce il presidente di Confindustria moda, Luca Sburlati, quando, presentando la quarta edizione del Venice Sustainable Fashion Forum a Milano, dice che «il sistema tessile e moda italiano è sotto attacco». I numeri parlano altrettanto chiaro: nel primo semestre del 2025, spiega Sburlati, l’export italiano è calato circa del 4%, mentre «in maniera incredibile e del tutto inaspettata» l’import è salito del 6%, con la Cina che ha registrato un +18% «con le centinaia di migliaia di pacchi che arrivano ogni giorno nelle nostre case».

Non solo. «Negli ultimi giorni abbiamo chiesto alla politica di avere immediatamente una norma anti penetrazione dei pacchi, che non pagano dazi né dogane né spesso l’Iva, dobbiamo essere reattivi nel difenderci» sottolinea Sburlati.

Una modella di Dolce & Gabbana in passerella a Milano - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Una modella di Dolce & Gabbana in passerella a Milano - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it

Il fenomeno 

«Non è una misura urgente, ma urgentissima e a costo zero, sulla quale il ministro Adolfo Urso sta lavorando», aggiunge il presidente di Confindustria Moda, spiegando che la Francia è già corsa ai ripari contro l’invasione dell’ultra fast fashion: «L’assemblea nazionale e il Senato hanno approvato all’unanimità una legge grazie alla quale ogni pacco viene tassato e viene vietata pubblicità ingannevole a danno dei minori sui social».

Proprio in Francia è stato calcolato un totale di circa 1 milione di pezzi in arrivo ogni giorno, cifra cui l’Italia secondo Sburlati non sarebbe lontana. Se da una parte «dobbiamo difendere il bello e ben fatto di questo paese», dall’altra come sistema moda «non possiamo reagire continuamente a input esterni, abbiamo la responsabilità di definire una politica di lungo periodo, un piano strategico nazionale per la moda al 2035». Sburlati definisce il settore «un ecosistema perfetto, uno degli ultimi del nostro paese: come Confindustria moda – ricorda – rappresentiamo mezzo milione di lavoratori, il 5% del Pil, la seconda industria per export del Paese. Se perdiamo gli anelli più deboli siamo morti tutti: sono loro che hanno bisogno di vedere le regole armonizzate».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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