Le sfide per il manifatturiero bresciano: parla il Nobel Spence
«Ciò che è possibile trovare oggi nel mondo dell’industria manifatturiera, ma in generale in tutto il mondo degli affari, è una grande consapevolezza riguardo al potenziale e all’importanza del digitale. Allo stesso tempo, però, c’è una grande confusione su ciò che dovrebbe fare il singolo nella pratica». Mentre a Brescia si svolgeva la serata degli Oscar dei Bilanci, il premio Nobel all’Economia 2001, Michael Spence (professore alla Standford University) discuteva con il prof. Sergio Vergalli, docente di Politica economica all’Università di Brescia e direttore del programma di ricerca Met-Modelling the Energy Transition alla Fondazione Eni Enrico Mattei.
Spence ha tenuto un seminario in cui si sono approfondite le quattro «transizioni» che l’economia mondiale sta attraversando o dovrà affrontare negli anni a venire: quella energetica, quella digitale, quella relativa alla gestione del sistema sanitario e lo spostamento geografico del centro economico verso l’Asia. La nuova frontiera. Il prof. Vergalli, dialogando con il premio Nobel, ha menzionato l’analisi dei bilanci realizzata dal Giornale di Brescia in sinergia con l’ateneo cittadino, approfondendo il discorso all’industria manifatturiera bresciana e al rapporto - stilato dal professor Teodori dell’Università degli Studi di Brescia - in cui si pone l’accento soprattutto sul ruolo della digitalizzazione, considerata la spinta necessaria ad attuare un processo d’innovazione.
Di notevole importanza saranno anche, secondo il Premio Nobel, le scelte del ministro Vittorio Colao su quale settore necessiti un intervento più deciso sul fronte dell’innovazione tecnologica e delle infrastrutture ad esso connessa.«Ritengo che la sfida sia assicurarsi che ognuno sia completamente formato e abbia accesso alle tecnologie disponibili per "aggiornare" l'industria manifatturiera. Proprio per questo motivo, una porzione del Recovery Fund sarà dedicata alla digitalizzazione. In particolare, dovrebbe essere rivolta alle istituzioni o alle organizzazioni il cui obiettivo sia investire in modo virtuoso oppure che abbiano capacità di visione», aggiunge Michael Spence. Oltre agli investimenti, però, è necessario «un sostegno centrale di alta qualità quasi si trattasse di una consulenza. Negli Usa l’abbiamo fatto nel settore agricolo e ha funzionato molto bene», specifica il professor Spence. Verso l’Asia.
Quando si parla di trasformazione, non si può eludere il grande elemento degli ultimi decenni: lo spostamento economico verso l’Asia, che provoca il cambiamento di tutta la supply chain (filiera di produzione e distribuzione, ndr). Se il professor Teodori, nel commento sull’analisi di oltre mille bilanci delle maggiori aziende bresciane, considera questo cambiamento del cuore globale dell’economia come traino e allo stesso tempo rallentamento del sistema economico, Michael Spence lo affronta da un punto di vista prettamente geopolitico, anche quando il professore Vergalli gli chiede i possibili risvolti anche per un Paese come l’Italia. «Spero che le giuste reazioni a questo fenomeno si verifichino principalmente a livello europeo, perché anche se l’Europa non è propriamente centralizzata, lo è per quel che riguarda la politica di mercato. Si presterà più attenzione alla resilienza e si opterà per il reshoring (decisione dell’azienda di riportare la produzione nel Paese d’origine), soprattutto in settori considerati strategici».Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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