Iveco, l’appello di Pd e Azione: «Tutelare lavoratori e indotto»

Flavio Archetti
Esponenti di Azione davanti ai cancelli dell’azienda hanno invocato il Golden power, mentre il Pd chiede che lo Stato diventi azionista di rilievo
La conferenza di Azione davanti ai cancelli di Iveco a Brescia - © www.giornaledibrescia.it
La conferenza di Azione davanti ai cancelli di Iveco a Brescia - © www.giornaledibrescia.it
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L’Italia industriale e la Brescia che produce, sede in via Volturno dello stabilimento Iveco, sono sempre più agitate dopo l’annuncio in settimana della trattativa in corso per la cessione (si parla di 3,8 miliardi di euro) dell’importante fabbrica torinese alla multinazionale indiana Tata Motors. Il rischio per la nostra città e per il Paese non è di poco conto. Solo gli occupati diretti a Brescia sono 1.600 più 150 ragazzi con contratto «staff leasing», e in Italia 14.650 (ci sono stabilimenti anche a Torino, Suzzara, Foggia e Bolzano).

Preoccupazioni

Ieri mattina, nonostante la pioggia battente, la politica bresciana era in via Fiume davanti ai cancelli dell’Iveco, rappresentata dal gruppo Azione, e sempre ieri il Pd cittadino ha preso di nuovo posizione chiedendo al Governo di «non giocare a nascondino». In via Fiume erano presenti l’onorevole e segretario regionale Fabrizio Benzoni, il segretario provinciale Marco Garza, il membro del direttivo provinciale Aldo Coen, il lavoratore Iveco e membro di segreteria Uilm Dario Venturini e, in collegamento web da Roma, il segretario nazionale Carlo Calenda. I membri di Azione hanno spiegato che «il rischio più grosso se Iveco sarà acquistata da Tata Motors è il suo smembramento» e in modo particolare «lo spostamento della produzione in India, dove i costi sono molto più bassi da sostenere che in Italia».

Azione e Pd

A parlare per primo è stato Calenda, che ha puntato il dito contro il presidente di Stellantis John Elkann («Sta vendendo tutto») e poi ha invocato «l’utilizzo dello strumento di tutela Golden power, per evitare che continui il processo di de-industrializzazione del Paese». Dopo di lui l’onorevole Benzoni ha precisato che «non va impedita la vendita di Iveco, ma vanno tutelate sia l’occupazione interna che l’indotto, di cui nessuno pare preoccuparsi, perché due anni di garanzie sono pochissimi».

Secondo il segretario provinciale Garza e il consigliere Coen «è indispensabile che lo Stato diventi un azionista di rilievo della nuova società, come lo è lo Stato francese all’interno di Stellantis, per essere garante e controllore della situazione dall’interno». Dello stesso tenore le parole dei rappresentanti del Pd Roberto Cammarata, Roberto Omodei e Michele Zanardi.

Appello

«Ricordiamo al ministro Urso e alla presidente del Consiglio che nell’esercizio dei loro poteri vi sono strumenti come il Golden power che non si limitano al divieto di cessione di aziende ritenute strategiche per l’interesse nazionale, ma possono imporre particolari condizioni a chi acquista. La questione non è difendere l’italianità di un’azienda, ma i lavoratori e la vocazione industriale di un distretto che ha costruito la sua solidità socio-economica sulla serietà e ha saputo coniugare vocazione al profitto e responsabilità sociale. Ne abbiamo già viste tante di operazioni presentate come integrazioni sinergiche che si sono poi rivelate manovre di assorbimento della concorrenza, passate dall’acquisizione delle conoscenze delle eccellenze produttive locali, al trasferimento di tecnologie e competenze, fino alla razionalizzazione e al ridimensionando abbandonando siti industriali, ritenuti a quel punto non più strategici».

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