Quasi il 15% dei veicoli venduti nel Bresciano è made in China

L’auto cinese cresce: osservando ormai molti concessionari della nostra provincia si accorge che le vetrine dedicate alle macchine del «lontano» Est sono sempre più numerose e sempre più grandi, e che, nonostante i numeri del venduto non siano ancora quelli da mercato occidentale, qualcosa di importante si sta muovendo, le superfici aumentano, i marchi salgono, crescono clienti, i concessionari diversificano e la storia cambia.
Lo scenario
Il 49% dei concessionari guarda infatti con interesse ai nuovi prodotti cinesi contro il 36% del 2024 (+13%); la quota di mercato nazionale di auto cinesi ha raggiunto il 5,8% nel primo trimestre del 2025, contro il 3,7% del 2024 e lo 0,4% registrato nel 2021; i nuovi marchi cinesi piacciono ai giovani tra 31 e 34 anni. Insomma, la Cina è vicina, non come nel film di Marco Bellocchio sull’Italia insofferente del 1968, ma come un attore globale che si sta espandendo.
E se, sbagliando, qualcuno ancora pensa che si tratti di macchine derivanti da un’economia del socialismo reale, sbaglia perché non va dimenticato che ad insegnare ai cinesi a produrre auto sono stati gli europei, sbarcati in Cina negli anni Ottanta, convinti di poter produrre a costi ridotti e certi di scalare un mercato immenso, ma dimenticando che, con joint venture paritetiche (unico vincolo posto da Pechino a chi voleva andare a produrre in Cina) allo stesso tempo avrebbero mostrato ai cinesi come costruire motori e disegnare meglio le macchine.
L’evoluzione
Luca de Meo, l’italiano al vertice di Renault, lo scorso anno aveva detto che nell’automotive i cinesi ormai sono più avanti «di una generazione»: software di macchina, microchip e intelligenza artificiale non sono più patrimonio esclusivo dell’industria americana, ma sono diventati tutti strumenti pensati, prodotti e venduti anche dalla seconda superpotenza mondiale.
A inizio mese, sempre De Meo ha aggiunto: «Il livello attuale del mercato è un disastro, c’è in gioco una questione strategica anche per gli Stati, il settore rappresenta 400 miliardi di entrate fiscali in Europa», aggiungendo che nel 2025 «si giocherà il destino dell’industria dell’auto europea».
I marchi in commercio
Per il mercato bresciano parlano i numeri: nei quattro mesi di quest’anno, sono state immatricolate in provincia 1.352 auto (anno record) di produzione cinese, pari al 14,69% delle 9.209 immatricolazioni di tutti gli altri marchi presenti sul mercato bresciano nel quale hanno trovato spazio sedici case dell’Est che entro il 2028 saliranno a 28, con prezzi tra 16mila e 50mila euro.
Sono Byd, Leapmotor, Aiways, Nio/Als, Seres, Chery, Mg, Maxus, Link & Co, Dfsk, Forthing, Faw/Bestune, Gac, Xpens, Xiaomi e Donfeng, nota fino al 1992 come Second Automobile Works. Dongfeng (in cinese «Vento dell'Est») era nata nel 1969 per volere del presidente Mao all’interno del Movimento del Terzo Fronte, il piano di sviluppo industriale voluto da Mao Zedong per proteggere il paese da potenziali invasioni, dopo una direttiva del governo il cui obiettivo era quello di localizzare la produzione industriale in zone interne del «celeste impero» per proteggere il paese da un potenziale attacco.
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