Innovazione e qualità: chiavi che fanno crescere l’export bresciano

Ricerca, innovazione (di prodotto e di processo) ed «up-grading» qualitativo: è questo l’architrave che regge la forte vocazione all’export della provincia di Brescia. A metterlo in evidenza è l’inedito studio realizzato da BFocus - promosso da Confindustria Brescia e dall’Osservatorio Opter dell’Università Cattolica - che offre per la prima volta uno spaccato reale della dinamica delle esportazioni della nostra provincia.
I numeri del fenomeno sono per certi versi impressionanti: nel 2023 il valore dei beni esportati dal nostro territorio (settima provincia italiana) è stato di circa 20 miliardi di euro; più del 75% di queste merci è stato venduto in Europa e la Germania rappresenta il primo mercato con il 19%.
Il raffronto
Non solo, tra il 2019 (anno pre-Covid) ed il 2023, il valore dei beni esportati dalle nostre imprese è cresciuto del 25%. Non siamo difronte ad un «miracolo economico»: il dato, fornito dall’Istat, viene costruito con la lente deformata dei «prezzi correnti» (quantità esportate per prezzi di vendita, non depurati dall’inflazione). Un calcolo a «prezzi costanti» mostrerebbe al contrario che tra il 2019 e il 2023, l’export bresciano ha subito una contrazione del 5%. Ma anche in questo caso il dato risulta fuorviante e non tiene conto dell’effettivo upgrading qualitativo operato negli anni dalle imprese, grazie alle innovazioni di prodotto e di processo realizzati.
I ricercatori di BFocus hanno fatto un ulteriore passo avanti e creato una «lente bresciana» di analisi calcolando una terza modalità di rappresentazione delle esportazioni, distinguendo due tipi di inflazione: quella «cattiva», dovuta alla variazione dei costi delle materie prime; e quella «buona», provocata dall’aumento della qualità dei prodotti esportati grazie all’innovazione ed alla tecnologia.
Salto di qualità
Secondo lo studio tra il 2019 ed il 2023 le esportazioni bresciane hanno registrato una crescita del 5%; generata non tanto dai costi subiti dalle imprese per le materie prime, quanto da politiche aziendali, dettate anche e soprattutto da un salto qualitativo, che va a inserirsi in un più ampio processo di evoluzione dei beni prodotti e esportati .
Il commento
«Questo studio ci permette di avere una visione più profonda del complesso tema dell’export - commenta Mario Gnutti, vice presidente di Confindustria Brescia con delega all’Internazionalizzazione -. In particolare, la scomposizione dell’indicatore ci ha consentito di ragionare in modo più consapevole sull’andamento reale delle esportazioni bresciane tra 2019 e 2023, periodo su cui ha inciso in modo evidente la pandemia, con tutte sue conseguenze, insieme alle ormai note variabili geopolitiche mondiali. Il Made in Brescia, pur segnando un -5% a valori costanti, è riuscito a compensare la diminuzione della quantità aumentando la qualità dei suoi prodotti. Di fatto, ciò ha consentito di giustificare alla clientela rialzi dei prezzi, mitigando le difficoltà vissute negli ultimi anni: su tutte i rincari delle materie prime e l’impennata dei costi energetici. Avevamo già una percezione del fenomeno, ma questa analisi ha consentito di quantificarlo in modo puntuale».

In generale conclude Gnutti, «il nostro sistema produttivo si conferma solido e propenso all’internazionalizzazione: questi dati devono fornirci un’ulteriore spinta verso un’apertura a mercati meno battuti di quello europeo. Penso ad aree come quella statunitense, che rimane particolarmente dinamica, così come quelli asiatica, che presenta però dei rischi geopolitici da tenere sotto osservazione».
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