Economia

Direttiva sulla «due diligence»: la trasparenza su diritti e ambiente entra nelle aziende

La proposta di direttiva a maggio in Parlamento. È rivolta a grandi imprese non solamente europee
l testo normativo della Commissione coinvolge anche tutti gli attori posizionati lungo la supply chain - © www.giornaledibrescia.it
l testo normativo della Commissione coinvolge anche tutti gli attori posizionati lungo la supply chain - © www.giornaledibrescia.it
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La tendenza nel mondo economico quando si parla di criteri Esg (Environmental, social e governance), è porre l’accento più sull’aspetto ambientale che sulle ricadute sociali e sulle scelte di gestione aziendale. Ma non ci può essere transizione senza ciascuno dei tre elementi, un imperativo che la Commissione europea ha messo nero su bianco anche attraverso la proposta di direttiva sulla «due diligence».

Presentata ufficialmente il 23 febbraio 2022, la bozza «relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità», come recita il titolo stesso, prevede specifici obblighi per le grandi società (oltre 500 dipendenti e fatturato superiore ai 150 milioni di euro), nonché per aziende, con più di 250 dipendenti e fatturato pari o superiore a 40 milioni, che operano in settori ad alto impatto (agroalimentare e tessile). A queste si aggiungono le società di Paesi terzi attive nel mercato dell’Ue e coinvolte in base ai medesimi criteri di fatturato. Sono escluse invece tutte le pmi.

A dicembre il Consiglio dell’Ue ha adottato la sua posizione in merito alla proposta: «È stato introdotto un approccio graduale per quanto riguarda l'applicazione delle norme previste dalla direttiva - spiega l’istituzione -. Inizialmente le norme si applicherebbero, a tre anni dall'entrata in vigore della direttiva, a società molto grandi con oltre 1.000 dipendenti e un fatturato a livello mondiale di 300 milioni, oppure a società di paesi terzi con un fatturato netto generato di 300 milioni». Ora si attende quella del Parlamento, con la discussione in aula che dovrebbe iniziare a maggio.

Le motivazioni

«L’azione volontaria delle aziende in chiave di diligenza non sembra aver portato a miglioramenti su vasta scala in tutti i settori e, di conseguenza, si osservano, sia all'interno che all’esterno dell’Unione europea, esternalità negative derivanti dalla produzione e dal consumo - recita la bozza nella sua parte introduttiva -. Una normativa in materia di dovere di diligenza delle società promuoverebbe il rispetto dei diritti umani e la tutela dell’ambiente, creerebbe parità di condizioni per le società all’interno dell'Unione ed eviterebbe la frammentazione derivante dall’azione autonoma degli Stati membri».

I contenuti

Nel concreto la direttiva prevede obblighi rispetto ai possibili impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente, siano essi effettivi o potenziali, che incombono alle società nell’ambito delle loro attività principali ma anche di tutte quelle che compongono la supply chain.

Stando alla proposta di regolamento questo «dovere di diligenza» deve essere integrato «in tutte le politiche aziendali» e nei sistemi di gestione, stabilendo al contempo degli strumenti per effettuare segnalazioni e assicurare che tutti lungo la catena del valore possano accedervi. Oltre a ciò devono essere fornite informazioni trasparenti e pubbliche sull’adempimento degli obblighi di «due diligence» , con le aziende che sono obbligate a controllare e monitorare l’efficacia di queste misure al termine di ogni anno e redigendo un’apposita relazione da sottoporre alle istituzioni europee.

Infine, se il fatturato annuo supera i 150 milioni di euro, le imprese devono allineare le proprie policy agli Accordi di Parigi, che prevedono di limitare a 1,5 gradi il riscaldamento globale.

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