Dati, AI, sostenibilità e formazione: Brescia culla per export manager

Come sarà l’export manager del futuro? Quale capacità di visione, dialogo ed attitudine al cambiamento dovrà mettere in gioco per orientarsi ed orientare i propri clienti nei mercati del domani? Idee, suggestioni e possibili risposte a queste domande sono emerse nel corso del secondo incontro annuale di TemPlus, dedicato alla community di export manager nata dall’intuizione dei bresciani Damiano Santini e Micol Vezzoli.
Oltre 70 temporary export manager ed esperti di internazionalizzazione si sono riuniti per discutere e confrontarsi sul futuro della professione: un incontro intenso e partecipato, arricchito dalla testimonianza di Alberto Albertini, che ha condiviso storie di successo manageriale nate dalla capacità di piccoli imprenditori di leggere con lucidità il proprio mercato e sfruttarne al meglio le potenzialità.
Le funzioni
Con il patrocinio di Banca Valsabbina e Smae (School of management and advanced education) dell’Università degli Studi di Brescia, dai tavoli di lavoro sono scaturite molteplici riflessioni sulla necessaria evoluzione del ruolo verso funzioni sempre più strategiche, sulla nuova centralità della relazione umana tra export manager, imprenditori e buyer, e sull’importanza delle soft skills potenziate. Perché se numeri e statistiche dimostrano che oggi i consumatori non comprano prodotti, ma piuttosto li «assumono» per svolgere un servizio, la chiave del successo sarà dunque diventare il maggiordomo dei nostri clienti, come dimostra Amazon (e non è un caso che Jeff Bezos consigliasse a tutti i nuovi assunti di leggere «Quel che resta del giorno» di Kazuo Ishiguro)?
Non è mancato il confronto su sfide attuali come la digitalizzazione dei processi e l’intelligenza artificiale, percepita non come minaccia, ma come strumento utile a spostare il focus da attività a basso valore aggiunto verso compiti più decisivi e qualificanti. Si è parlato anche di crescita verticale del ruolo, con una chiara tendenza a una suddivisione dei compiti secondo livelli di seniority e a una maggiore integrazione nelle scelte manageriali delle imprese.
L’export manager dovrà essere in grado di navigare in mercati complessi, anticipando i cambiamenti e guidando l’internazionalizzazione in modo sostenibile e intelligente. Attenzione alla responsabilità sociale e alle supply chain etiche, faranno la differenza? La sensibilità culturale di adattare i messaggi, le strategie e i comportamenti ai diversi mercati, conterà quanto il corretto utilizzo di dati per segmentare pubblici, identificare nuove opportunità e gestire il rischio paese?
Tra tante domande, una certezza: l’export manager di domani si costruisce oggi, nel dialogo tra cultura e conoscenza, analisi dei dati e formazione, gestione della sostenibilità e della compliance internazionale, cambiamento e capacità di creare e condividere valore.
erika veschini
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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