Economia

Con il calo del prezzo del gas diminuiscono i costi dei concimi

Rispetto al 2022 i prezzi calano del 40%. Per i fertilizzanti si calcolano risparmi di 400 euro a tonnellata
L’Italia è molto dipendente dall’estero per la produzione di concimi
L’Italia è molto dipendente dall’estero per la produzione di concimi
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Una boccata di ossigeno per le aziende agricole duramente colpite dal balzo dei costi di produzione, alla vigilia di importanti operazioni colturali primaverili in cui gli agricoltori devono concimare le colture. Stiamo parlando, tra l’altro, del crollo del prezzo del gas che ha un effetto positivo a cascata sull’intera economia a partire dal costo dei concimi che torna ai livelli pre-guerra con una riduzione del 40% rispetto al 2022 che salva le imminenti semine nelle campagne italiane minacciate però già dalla carenza di acqua dovuta al perdurare di questo periodo di siccità.

È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sugli effetti del calo delle quotazioni del gas che ad Amsterdam scende sotto i 48 euro al megawattora, il livello minimo da inizio dicembre 2021.

I concimi di sintesi (azotati, fosfatici o potassici) sono, infatti, ottenuti con procedimenti fortemente energivori e l’Italia è dipendente dall’estero per la produzione di questi prodotti. Il prezzo dell’urea, il fertilizzante più utilizzato oscilla tra 600 e 650 euro/tonnellata, in linea con i dati dell’autunno 2021, ben distante da quota 1.000 euro/ton raggiunta nei primi mesi del conflitto in Ucraina. Il nitrato ammonico, invece, è passato a 700 euro a tonnellata, i fosfatici si aggirano intorno alle 400 euro a tonnellata, in calo del 25% mentre più contenuti sono, invece, i cali sui prodotti a base di potassio che registrano una lieve oscillazione (-5%).

Il quadro locale

Nella provincia di Brescia le difficoltà economiche avevano portato a ridurre l’acquisto di mezzi tecnici indispensabili per le coltivazioni già duramente colpite dal clima anomalo con cali fino al -30% proprio per l’uso dei concimi il cui aumento è influenzato dal fatto che la produzione mondiale dipende fortemente dal costo del gas ed è concentrata in Russia e Bielorussia.

L’Italia importa il 70% circa di concimi minerali (azotati, fosfatici, potassio), con l’Egitto che da solo rappresenta poco meno del 50% delle importazioni, seguito da Algeria, Libia, Turchia, Marocco. A differenza dello scorso anno, quando nel pieno degli interventi si registrò un deficit di fertilizzanti pari al 40% del fabbisogno nazionale non sono previsti al momento particolari problemi di forniture.

Secondo Ismea a maggio 2022 il prezzo del grano tenero era a 409 euro alla tonnellata, rispetto ai 320 di gennaio. Poi, grazie anche all’accordo di Istanbul sullo sblocco dei porti del Mar Nero oltre alle positive previsioni di produzioni in varie parti del mondo, la situazione è andata migliorando.

I problemi permangono invece per il mais, coltura principe per l’alimentazione - ad esempio - di bovini e suini. Ucraina ed Ungheria sono i due poli principali di rifornimento per le nostre aziende. L’altalena dei prezzi, in questo caso, aveva portato il prezzo da 278 euro alla tonnellata - prima dell’inizio dell’invasione in Ucraina - al livello di 382. Secondo le rilevazioni di Ismea attualmente siamo intorno a 310, ma - segnala l’Istituto per i mercati agricoli - nei prossimi mesi potrebbe anche salire ancora a causa di vari fattori, tra questi, la siccità: un grande macigno che si profila particolarmente dannoso visto che si abbina anche alla diminuzione delle superfici investite. Senza contare che nel quinquennio 2023-2027 si apre anche una stagione con nuove regole, impegni aggiuntivi e pagamenti in contrazione: per il mais il taglio sui pagamenti diretti arriva al 40% e si hanno pochi strumenti di integrazione.

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