Economia

Esenzione fiscale sui buoni pasto digitali, i vantaggi per i lavoratori

La misura è allo studio nella prossima Finanziaria: per un lavoratore che riceve buoni pasto elettronici cinque giorni a settimana, il vantaggio netto potrebbe essere di circa 440 euro
La nuova soglia esentasse riguarderebbe i buoni digitali
La nuova soglia esentasse riguarderebbe i buoni digitali
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La prossima legge di bilancio potrebbe portare una doppia novità per milioni di lavoratori: l’aumento della soglia esentasse dei buoni pasto da 8 a 10 euro e una tassazione ridotta al 10% per i fringe benefit e i premi aziendali.

L’obiettivo del Governo è duplice: rilanciare il potere d’acquisto e stimolare i consumi senza gravare sui conti pubblici.

Il Ministero dell’Economia starebbe valutando una «mini-Irpef» al 10% sugli aumenti contrattuali, sui premi di risultato e sui benefit accessori concessi ai dipendenti. Una forma di tassazione agevolata che si affiancherebbe all’aumento delle soglie di esenzione già in vigore.

Le ipotesi sul tavolo prevedono nuovi tetti annuali: 2.000 euro per chi non ha figli a carico e 4.000 euro per chi ne ha, raddoppiando di fatto i limiti stabiliti dalla scorsa legge di bilancio.

Meno tasse sui buoni digitali

Per quanto riguarda i buoni pasto, la manovra potrebbe intervenire già dal 2026 con l’innalzamento della soglia esentasse per i buoni digitali da 8 a 10 euro.

La proposta è supportata da uno studio realizzato dal TEHA Group insieme a Edenred Italia, secondo cui l’effetto netto sull’economia sarebbe positivo: a fronte di un costo iniziale stimato tra 75 e 90 milioni di euro, l’aumento genererebbe consumi aggiuntivi per 1,7-1,9 miliardi e un maggior gettito Iva tra 170 e 200 milioni. Il saldo finale per l’erario sarebbe quindi positivo, tra 95 e 110 milioni di euro.

Quanto resta in tasca ai lavoratori

In termini concreti, per un lavoratore che riceve buoni pasto elettronici cinque giorni a settimana, il valore annuo esentasse salirebbe da 1.760 a 2.200 euro, con un vantaggio netto di circa 440 euro. Oggi la normativa distingue tra 4 euro di esenzione per i buoni cartacei e 8 euro per quelli digitali: oltre queste soglie, il valore eccedente viene tassato come reddito da lavoro dipendente.

Cosa sono i fringe benefit

I fringe benefit sono beni o servizi offerti dalle aziende ai lavoratori in aggiunta alla retribuzione: dai buoni pasto alle polizze sanitarie, dai rimborsi scolastici agli abbonamenti per i trasporti o alle spese d’affitto.

Grazie alla legge di Bilancio 2024, confermata anche per il 2025, questi vantaggi restano esentasse fino a 1.000 euro all’anno (2.000 euro per chi ha figli a carico).

La soglia era stata innalzata in via temporanea per contrastare l’inflazione, ma il Governo valuta ora di renderla strutturale e più ampia. Se le nuove soglie da 2.000 e 4.000 euro venissero confermate, molte imprese potrebbero rafforzare i propri piani di welfare aziendale, ampliando la platea dei benefici e offrendo vantaggi concreti ai dipendenti senza incidere sul costo del lavoro.

Le novità di settembre

Dal 1° settembre 2025 è inoltre entrato in vigore il tetto del 5% alle commissioni che le società emittenti possono applicare ai ristoranti, bar e supermercati convenzionati. La misura, introdotta con la legge annuale per la concorrenza, mira a riequilibrare i rapporti tra emittenti ed esercenti, rendendo più sostenibile l’accettazione dei ticket. Fino a oggi, le commissioni potevano arrivare anche al 20%, penalizzando soprattutto le piccole attività.

I nuovi contratti firmati da settembre devono rispettare il limite del 5%, mentre quelli precedenti avranno tempo fino a fine anno per adeguarsi. Per le associazioni di categoria del commercio (come Fipe-Confcommercio), si tratta di un passo avanti verso un sistema più equo e trasparente.

Una leva per rilanciare salari e consumi

L’eventuale combinazione tra soglie più alte per i buoni pasto e tassazione agevolata al 10% sui fringe benefit rappresenta una delle leve su cui il Governo punta per rilanciare i salari reali.

Secondo le stime del Corriere, la misura potrebbe riguardare oltre 15 milioni di lavoratori dipendenti, esclusi autonomi e alcune categorie del pubblico impiego.

Dal punto di vista macroeconomico, l’effetto atteso è un aumento del reddito disponibile e dei consumi, con un ritorno positivo anche per il fisco attraverso l’Iva e l’indotto dei servizi.

Per i lavoratori, significherebbe più valore netto in busta paga; per le imprese, strumenti più flessibili per incentivare e fidelizzare il personale.

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