Economia

Brescia-Ucraina-Russia: a rischio un business da 400 milioni

Nei primi nove mesi 2021 esportati nei tre Paesi (Bielorussia compresa) beni e servizi per 293 milioni
Devastazione a Kharkiv dopo le bombe russe - Foto Epa/Sergey Dolzhenko © www.giornaledibrescia.it
Devastazione a Kharkiv dopo le bombe russe - Foto Epa/Sergey Dolzhenko © www.giornaledibrescia.it
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«Ribadiamo la nostra convinzione che una più stretta collaborazione economica tra l’Italia e la Russia e la Ue e la Russia sia il modo migliore per garantire un rapporto stabile e reciprocamente vantaggioso tra la Federazione Russa e l’Europa», l’auspicio della Camera di commercio italo-russa compare sul sito dell’associazione dopo una serie di informazioni sulle recenti misure restrittive applicate dall’Unione europea e dalla Federazione Russia.

Gli effetti della guerra sull'economia

L’avanzata delle truppe russe, inevitabilmente, ha messo a rischio gli scambi tra Brescia-Ucraina-Russia. Un business da quasi 400 milioni di euro. Come testimoniano i dati diffusi ieri dalla Camera di commercio, la bilancia commerciale con i Paesi coinvolti in questa guerra vale per Brescia 197,4 milioni di euro (rilevazione al 30 settembre 2021): nello specifico i flussi verso Ucraina, Bielorussia e Russia ammontano a 293,98 milioni, mentre le importazioni dai tre stati per la nostra provincia rappresentano un costo di 96,5 milioni.

Un volume d’affari che si è sempre mantenuto stabile nel tempo e che fortunatamente incide in minima parte (2,1%) sul valore complessivo dei flussi commerciali in uscita da Brescia verso il resto del Mondo e viceversa. Non a caso gli imprenditori di casa nostra non direttamente coinvolti in questo dramma sono molto più preoccupati da un ulteriore rincaro dell’energia e delle materie prime.

Gran parte delle attività gestite dai bresciani in Ucraina, Bielorussia e Russia negli ultimi giorni hanno registrato uno stop. «In questo momento - ha ammesso Daniele Marconi della Metal Work di Concesio - le nostre attività sono congelate». Anche dal puntuo di vista finanziario e delle forniture per via delle limitazioni imposte dall’Unione europea e dalla Federazione russa. In primis per quanto riguarda i pagamenti. «C’è chi dopo trent’anni di lavoro consentiva pagamenti a trenta o sessanta giorni» non nasconde Andrea Niboli della Valsir (che controlla la ValRom, a sua volta attiva sia in Ucraina sia in Russia) e ora, aggiungiamo noi, non sa cosa sarà di quel credito vantato.

 

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