Bonomi: «Aprire un sito negli Usa? Adesso siamo obbligati a farlo»

Fino a tre anni fa era visto come un «sogno», che con il passare del tempo si è trasformato in un «obiettivo» e adesso è diventato una «necessità» inderogabile. «Entro la fine di dicembre - ha ammesso ieri Aldo Bonomi - decideremo se iniziare la produzione negli Stati Uniti acquisendo un’azienda americana oppure avviando in autonomia l’attività su un terreno che abbiamo già acquisito negli States. Per noi il mercato a stelle e strisce vale il 30% del fatturato e se vogliamo garantire un futuro al nostro gruppo ora siamo obbligati a concludere anche questa operazione a prescindere dalla recenti politiche commerciali imposte dal presidente Donald Trump, che comunque si fanno già sentire sui nostri conti».
Nel consueto incontro estivo con la stampa, l’imprenditore bresciano siede al fianco del fratello Carlo, circondato dai figli Mario, Monica e Marta e dai nipoti Massimo e Alessandra. «La dimensione del nostro gruppo, a suon di acquisizioni, è diventata importante - ha proseguito Aldo Bonomi -, ma non basta. Abbiamo anche ampliato l’offerta di prodotti, ma non è sufficiente. Siamo bravi, ma ora dobbiamo fare un ulteriore sforzo per continuare ad essere competitivi». In quest’ottica, tenendo ovviamente conto delle tensioni emerse a livello geopolitico, la Bonomi Group ha già compiuto importanti passi in avanti nel processo di internazionalizzazione, consolidando la propria presenza in aree strategiche per il settore dell’energia e dell’oil & gas.
«A Dammam, in Arabia Saudita, per la produzione di valvole e attrezzature abbiamo costituito, detenendo una partecipazione del 60%, la Bonomi Saudi Arabia Factory insieme alla Arabian Service Company - ha annunciato l’imprenditore -. Inoltre, abbiamo aperto un ufficio di rappresenzanza negli Emirati Arabi con la Bonomi Fze e con sede al Dubai World Trade Center. Infine, a Batam, in Indonesia, abbiamo avviato con il 35% del capitale, la Pt Quam Bonomi Controls, con cui assembliamo equipaggiamenti per il mercato del sud est asiatico.
Il punto
Il 2024 della Bonomi Group (superata la soglia dei mille dipendenti), nonostante le difficoltà riscontrate («Inevitabilmente abbiamo lasciato sul campo alcuni punti percentuali in termini di marginalità», non ha nascosto il patron), è stato comunque un anno molto positivo.
I ricavi consolidati ammontano a 375,9 milioni contro i 336,1 milioni dell’anno precedente. Il margine operativo lordo è passato da 94,95 a 98,76 milioni e l’utile netto è salito da 42,3 a 43,66 milioni di euro.
«Abbiamo la fortuna di avere dei figli propositivi, che si dedicano all’azienda come abbiamo fatto noi», ha chiosato compiaciuto Carlo Bonomi, lasciando poi la parola al nipote Mario, che ha illustrato gli ambiziosi quanto significativi progetti di formazione (17.794 ore in totale) avviati all’interno del gruppo volti sia a rafforzare le competenze di chi già lavora alla Bonomi Group (senza esclusione tra operai e dirigenti) sia per inserire in azienda nuovo personale con le competenze di base. Con lo sguardo sempre rivolto al futuro, come insegnano papà Carlo e zio Aldo, Massimo Bonomi ha infine spiegato i progetti avviati nell’It (Information technology) e che contemplano l’adozione dell’AI per l’ottimizzazione dei processi, un sempre più proficuo uso dei dati e il rafforzamento delle infrastrutture digitali, a partire dal cloud ai sistemi di cibersecurity.
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