Bandera: «Il divario salariale è anche un problema culturale»

Preferisce esser cauta Daniela Bandera nel commentare il report sulla parità salariale. Sociologa del lavoro e dell’organizzazione, Ceo dell’istituto di ricerca Nomesis, già presidente di Ewmd, European Women’s Management Development e fondatrice di Womesis Lab che si occupa di gender studies e di percorsi di formazione per donne che vogliono crescere, spiega, dopo aver letto il rapporto, che «in base ai dati Istat, a livello europeo, l’Italia non si trova in una situazione così negativa. Anche perché dietro i dati ci sono algoritmi di calcolo che considerano determinati fattori».
Le donne fan più part-time e di conseguenza il loro volume salariale è più basso. «Chiedono anche più permessi non retribuiti – aggiunge – per seguire la famiglia e questo incide. Ma serve un approfondimento di indagine perché il gap emerso si discosta molto da quello europeo».
Il ruolo delle donne
Entrando più nel merito della questione per Bandera, è evidente che «dietro il salario delle donne vi sia una condizione che va cambiata, perché il doppio ruolo femminile, quello sociale e quello economico, in famiglia e sul posto di lavoro, ha una sua gravosità. La donna non si esprime solo nel lavoro ma anche nel suo ruolo in famiglia e questo incide sui salari che sono più bassi».
È di fatto un gatto che si morde la coda, cui si devono trovare soluzioni sul piano politico. «È la politica che deve pensare a modificare il costo del lavoro e le sue articolazioni - continua -, magari prospettando meno carico fiscale alle donne lavoratrici o a decontribuzioni per alcuni fattori. Ma oltre che politico è anche un problema culturale».
Cosa sta cambiando
Ma Bandera sta notando che le cose negli ultimi anni stanno cambiando. «Anche se oggi ancora pochi padri prendono il congedo parentale, in famiglia aiutano sicuramente di più dei cosiddetti baby-boomer. La competizione nella coppia in tema di occupazione è molto diminuita ed è accettato che la moglie possa guadagnare più del marito, che una madre si possa realizzare sia in famiglia sia sul lavoro. Altro dato positivo è che anche le ragazze stanno uscendo dall’università con voti più alti e questa onda rosa sta facendo cambiare le cose. Certo, poi si devono fare anche i conti con un Paese diviso di fatto a metà, in cui gli asili nido sono molto più numerosi al Nord, anche se oggi si aggiunge un altro problema che è quello delle Rsa, perché alle donne oggi spetta sempre di più il ruolo della cura in ambito familiare. E quello della gestione dei familiari anziani è un altro problema».
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