Il lavoro moderno è quasi solo precario, anche a Brescia

Negli anni Novanta la panacea di tutti i mali del mondo del lavoro aveva il nome di flessibilità. Ma si è rivelata un inganno e tempo qualche anno dopo il nuovo Millennio si è trasformata in precarietà. E Brescia non è esente da un fenomeno ormai cronico per il nostro Paese.
I contratti a tempo determinato
Basti pensare che nel 2023 in provincia sono stati attivati oltre 217mila rapporti di lavoro (ovvero nuove assunzioni) riferiti a 188.071 persone (il 56,2% uomini, il 43,8% donne). Perché questa disparità tra attivazioni e lavoratori?
Si spiega facilmente: in tempi di precarietà, un singolo lavoratore può essere avviato più volte nel corso dell’anno proprio perché si tratta soprattutto di contratti a tempo determinato. Quelli con scadenza sono infatti oltre la metà (il 53,5%) ma rilevanti sono anche gli avviamenti in somministrazione (il 13,3%). Il 7,2% appartiene invece a contratti di lavoro intermittente, attraverso il quale il lavoratore si mette a disposizione per prestazioni discontinue. E poi, c’è il part time, che conta ben 62.873 pratiche di avviamento al lavoro con questa modalità, il 28,9% del totale, quasi una su tre.
Crescono i precari
Per questo motivo i numeri dei nuovi assunti raccontano solo una faccia del nostro Paese: a fronte del record di occupati, infatti, c’è una crescita esponenziale dei precari. In Italia, secondo le rilevazioni Istat, sono circa tre milioni. E le percentuali crescono tra i giovani, tra i quali retribuzioni e precarietà sono legati da un unico filo. La fotografia che emerge dai dati Inps testimonia infatti una disparità notevole in termini di retribuzione annua lorda e tipo di contratto nelle tre fasce di età 20/24 anni, 25/29 e 30/34.
Nel Bresciano si contano oltre 40mila lavoratori, tra i 20 e i 24 anni, nel settore privato. Il 58% di essi ha un contratto a tempo indeterminato, ma guadagnano in media poco più di 14mila euro all’anno. Meno di mille euro netti al mese per sbarcare il lunario.
Va persino peggio nel settore pubblico, dove i dipendenti under 25 sono 1.150: solo uno su tre ha un contratto a tempo indeterminato e guadagnano 13.356 euro annui.
I trentenni
Tutti i dati (numerici, qualitativi, retributivi) appaiono in crescita man mano che ci si avvicina ai trent’anni. Così nella fascia 25/29 anni i quasi 44mila lavoratori privati bresciani – il 74% dei quali con contratto a tempo indeterminato – hanno una retribuzione media annua di oltre 20mila euro. Un balzo di circa 6mila euro rispetto ai colleghi più giovani.
La forbice si allarga ancora di più nel settore pubblico (sono 3.535 i dipendenti bresciani tra i 25 e i 29 anni, la metà dei quali con contratto stabile), dove lo stipendio sfiora i 21mila e 500 euro annui. Ancora troppo poco, per poter immaginare non solo di vivere ma anche di programmare il proprio futuro.
Così in provincia di Brescia la soglia di normalità si raggiunge solo tra i 30 e i 34 anni: dei quasi 44mila lavoratori in aziende (la soglia più consistente in assoluto), solo il 20% è precario. E se nel privato la retribuzione media annua cresce a 23.167 euro, nel pubblico si attesta a 27.141 euro. Nella Pubblica Amministrazione, però, sono meno di 5mila i lavoratori bresciani tra i 30 e i 34 anni e solo il 63% ha un contratto stabile.
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