Economia

Ambrosi, vendite per 440 milioni: il 55% realizzate in sessanta Paesi

La cessione del gruppo bresciano a Lactalis consentirà un ulteriore rafforzamento dell’export
La sede di Ambrosi a Castenedolo - © www.giornaledibrescia.it
La sede di Ambrosi a Castenedolo - © www.giornaledibrescia.it
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Sarà un’uscita morbida e graduale quella di Giuseppe Ambrosi dall’azienda di famiglia: a fine maggio l’Antitrust ha dato via libera all’acquisizione dell’omonimo gruppo caseario bresciano da parte di Lactalis (primo gruppo del settore al mondo guidato dalla famiglia Besnier, che nel 1933 iniziò lanciano il marcio Président Camembert, già proprietaria di Galbani, Valmont, Skânemejerier ) operazione annunciata nel luglio dello scorso anno (cui ha aderito per il suo 25% anche l’azionista francese di Ambrosi Emmi), cui seguirà ora la formalizzazione del trasferimento delle quote.

Il presidente Giuseppe Ambrosi continuerà però la sua collaborazione con i grandi fromagers français, mani esperte alle quali la famiglia Ambrosi ha affidato il futuro di una storia d’impresa che l’anno scorso ha girato la boa dei suoi primi ottant’anni e il lavoro dei 377 dipendenti (256 operai e 111 impiegati o quadri). L’accordo prevede la conferma dell’attuale management, con l’obiettivo di accelerare ulteriormente la crescita internazionale dell’attività, grazie alla forte capacità di penetrazione della rete commerciale internazionale di Lactalis, in particolare Grana padano e Parmigiano reggiano che «potranno così consolidare la loro presenza -rileva la relazione sulla gestione - ed espandersi in nuovi mercati».

Sotto la lente

Ieri, l’imprenditore agroalimentare ha presentato il bilancio ancora a sua firma: 440 milioni di euro di ricavi consolidati nel 2022 (+8,5% rispetto al 2021) di cui il 55% realizzati in oltre sessanta Paesi stranieri in cui la sola controllata francese Ambrosi Emmi France ha sfiorato i 130 milioni, ma con sviluppo delle vendite anche negli Usa, in Germania e Canada.

Con un ebitda (l’indicatore di redditività da cui emerge il reddito di un’azienda basato unicamente sulla sua gestione operativa, quindi senza tener conto di interessi, imposte, deprezzamento di beni e ammortamenti) di circa 12,7 milioni ed un flusso di cassa di 4,7 milioni (la ricostruzione dei flussi monetari dell’azienda nell’ultimo esercizio), il conto economico chiude con una perdita di 2,1 milioni effetto della svalutazione di un credito.

Nulla tuttavia, nelle imprese, arriva per caso soprattutto quando in campo arriva un’inflazione da offerta dopo l’ingessatura del mercato per il Covid: prezzi dell’energia e trasporti con accelerazioni «impressionanti», idem per materie plastiche e materiali da confezionamento cui poi si è aggiunta la guerra in Ucraina, condizioni cui Ambrosi e il mercato hanno reagito: per la capogruppo aumento dei ricavi all’estero rispetto al 2021 di oltre 31 milioni pari al 32% in termini assoluti e al 22% in termini di volumi (2,5 milioni i chilogrammi in più prodotti) portando l’incidenza del volume d’affari oltre il 37%. La sintesi è l’aumento complessivo del fatturato da 402,7 milioni a 437,2 (+8,5%).

Gli interventi

4,5 milioni gli investimenti e via libera a un finanziamento green garantito da Sace con erogazione nel 2023 di 5 milioni destinato all’efficientamento energetico ed alla prossima realizzazione di un nuovo impianto di stagionatura a Castenedolo in cui saranno ospitate 120.000 forme di Grana padano e parmigiano reggiano. Sempre a Castenedolo è partito l’ampliamento e ammodernamento del reparto taglio e confezionamento finalizzato a incrementare la produzione e ottimizzare i flussi produttivi riducendo i costi.

Non fanno fatturato e neppure ebitda, ma i premi rafforzano il valore del lavoro: nel 2022 Ambrosi ha portato a casa da Newport il World Cheese Award 2022 aggiudicandosi la medaglia d’oro con il Parmigiano reggiano «traversetolese» di 24 mesi prodotto nel Parmense.

Una curiosità: secondo il ventesimo rapporto Ismea-Qualivita la categoria dei formaggi italiana è composta da 56 denominazioni e le prime filiere per denominazione sono reggiano, padano, mozzarella di bufala campana, gorgonzola e pecorino con – conclude Ambrosi – padano e reggiano che possono ormai esser considerate al pari di una commodity. Materie prime oggetto di scambi internazionali.

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