Economia

Al Teatro Grande va in scena l’Oscar dei Bilanci con la lectio magistralis di Daniele Franco

Il 5 dicembre alle 18 la presentazione della ricerca realizzata da Giornale di Brescia e UniBs
L'economista ed ex ministro Daniele Franco - © www.giornaledibrescia.it
L'economista ed ex ministro Daniele Franco - © www.giornaledibrescia.it
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Un anno indimenticabile, con risultati straordinari. Nel 2022, le prime mille imprese bresciane, ordinate secondo i loro volumi di fatturato, hanno realizzato un monte vendite di oltre 105 miliardi di euro, registrando una crescita del 28% rispetto ai dodici mesi precedenti.

«È importante, però, contestualizzare questo risultato, perché per buona parte dipende più che dallo sviluppo quantitativo dell’attività, dall’aumento dei prezzi di vendita» puntualizza il prof. Claudio Teodori dell’Università degli studi di Brescia, che in collaborazione con il Giornale di Brescia ha esaminato e commentato i conti delle migliore aziende della nostra provincia, cercando di definire le sfide che esse dovranno affrontare. In effetti se i rincari sono stati «la leva principale» del fatturato 2022 di queste mille società, «ci si attende nel 2023 un’inversione di tendenza, con effetti che nel breve termine non dovrebbero però essere problematici», aggiunge Teodori.

Il punto

Non va scordato, comunque, che sempre nel 2022 le stesse aziende hanno prodotto un utile netto di 4,8, migliorando ulteriormente la performance dell’anno precedente.

Tutti i dettagli dell’analisi realizzata da GdB e UniBs saranno illustrati il 5 dicembre al Teatro Grande, nel corso della nona edizione del’Oscar dei Bilanci. Un appuntamento che coinvolgerà i principali attori del tessuto manifatturiero bresciano, i rappresentanti delle istituzioni e del mondo professionale in un confronto sulle opportunità di sviluppo del sistema Brescia. Un simposio che sarà avvalorato dalla lectio magistralis di Daniele Franco, già direttore generale della Banca d’Italia e ministro dell’Economia del governo Draghi.

«Il 2023 si sta chiudendo con alcune criticità, come la crescita del Pil inferiore al punto percentuale che, nel 2024, sarà tra le più basse in Europa - chiude Teodori -. Il problema, tuttavia, non sono questi numeri e i decimali di variazione ma gli ultimi venti anni di mancato sviluppo. A questo si aggiunge il pesante debito pubblico, che non tende a ridursi, non solo per il suo valore ma soprattutto per gli interessi da pagare, che contraggono le risorse da destinare proprio allo sviluppo. Questo dovrebbe essere fortemente trainato dal Pnrr ma il continuo dibattito intorno alla sua concreta realizzabilità ne limitano la forza e l’impatto sulla fiducia».

Non solo «Tra le varie sfide che attendono le imprese - sottolinea il docente della Statale -, quattro appaiono più rilevanti, anche perché necessarie per affrontare gli altri elementi (costi operativi, modelli di business, investimenti, ecc.) che configurano il quadro strategico futuro: il capitale umano, la dimensione, la variabile finanziaria e le filiere».

Se vi è l’urgenza di delineare un nuovo sistema economico almeno per i prossimi vent’anni, va innanzitutto definito un modello e vanno chiamate per nome tutte le cose negative che stanno mettendo a rischio il suo sviluppo: ad esempio una visione di breve periodo, i prezzi dell’energia alle stelle, l’eccesso di burocrazia che blocca innovazioni e infrastrutture, la carenza di lavoratori specializzati, la difesa di privilegi che limitano la concorrenza. L’Italia ha bisogno di riforme, di una strategia economica nazionale che faccia correre il motore della nostra manifattura.

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