A Brescia il mais di primo raccolto è crollato di oltre il 40%

Valerio Pozzi
Scatta l’allarme: le importazioni sono destinate a crescere. Situazione pericolosa per il bestiame
Oggi l'Italia importa tra i 6,5 e i 7 milioni di tonnellate all'anno di mais - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
Oggi l'Italia importa tra i 6,5 e i 7 milioni di tonnellate all'anno di mais - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
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Meno 4,7% rispetto al raccolto di cereali nel 2023. Secondo gli esperti del Copa Cogeca la produzione cerealicola dell’Unione Europea dovrebbe raggiungere i 257,3 milioni di tonnellate, registrando un calo significativo. Complessivamente questo colloca il 2024 al di sotto del 2023 (che era già un anno povero), ma anche molto al di sotto della media dell’assetto della produzione cerealicola degli ultimi 5 anni (-8,4%).

Questa previsione potrebbe benissimo peggiorare nelle prossime settimane a causa dei complicati eventi meteorologici. Parliamo quindi di materie prime che sono fondamentali per la produzione mangimistica, influenzando direttamente la qualità e la quantità dei mangimi prodotti. Queste materie includono principalmente cereali come il mais, il grano e l’orzo, nonché proteine vegetali come la soia e il girasole.

Sotto la lente

Nella nostra provincia si stima che il mais di primo raccolto sia crollato di oltre il 40% rispetto allo scorso anno, che era già stato scarso rispetto alle medie degli anni precedenti a causa della siccità, e le previsioni per il secondo raccolto e la granella sono anche peggiori di quelle attuali. Questa situazione diventa pericolosa per sostenere l’alimentazione del bestiame sia in termini quantitativi che qualitativi della materia prima che sta alla base delle filiere zootecniche.

Anche perché, come sostenuto recentemente anche da Assalzoo, l’Associazione nazionale tra i produttori di alimenti zootecnici, il nostro Paese dipende sempre di più dall’import delle materie prime vegetali e proprio il mais è la materia prima più critica per l’alimentazione mangimistica. La produzione interna, così come quella bresciana che è crollata nella stessa misura, si è ridotta di oltre il 50% negli ultimi vent’anni. Oggi l’Italia importa tra i 6,5 e i 7 milioni di tonnellate all’anno di mais, su un consumo totale di circa 12 milioni di tonnellate. Di queste, circa 9 milioni sono destinate all’alimentazione animale. Per il grano tenero a uso zootecnico, l’Italia deve importare quasi il 100% del fabbisogno poiché non viene prodotto internamente. Anche per l’orzo, il 40% del consumo è coperto dalle importazioni.

La panoramica

Dipendenza ancora più marcata per soia e girasole, con importazioni tra l’80% e l’85% della soia e quasi il 90% del girasole utilizzati. Oltre tutto, le situazioni di guerra possono produrre vulnerabilità nell’approvvigionamento.

Nel complesso, l’Italia dipende dalle importazioni per oltre il 60% del fabbisogno totale di materie prime vegetali. Questo livello di dipendenza crea vulnerabilità significative, in particolare in periodi di crisi globali o geopolitiche che possono interrompere le catene di approvvigionamento. Si tenga conto che venerdì i listini al mercato della granaria di Bologna hanno quotato il mais nazionale 222 euro la tonnellata; l’orzo 200 euro; il frumento 215 euro; la soia 422 euro.

In questa situazione produttiva fortemente penalizzata dai cambiamenti climatici le Organizzazioni agricole, seppure con alcuni distinguo, reputano essenziale investire nella ricerca scientifica, sia pubblica che privata, per sviluppare nuove tecniche agronomiche e genetiche che possano aumentare la produttività interna come le Tecniche di evoluzione assistita (le cosiddette Tea). Di sicuro l’Unione Europea con la prossima legislatura dovrebbe introdurre misure che sostengano la produzione agricola interna e la ricerca, perché non sarà più sufficiente solo assicurarsi dai danni del meteo.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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