50 anni di Iveco, il libro fotografico che celebra storia e mezzi

Qualche giorno fa da Torino è uscita una buona notizia: Iveco e Tata hanno business complementari e i rappresentanti dell’azienda, in un incontro al Palazzo Civico della ex capitale del regno di Sardegna, hanno anche detto che «…il gruppo indiano valorizzerà i fornitori piemontesi» con questa sintesi: Iveco è presente dove Tata Motors non opera direttamente perché oggi Tata è attiva soprattutto in India, Sud Est asiatico e nei paesi Saarc (Asia Meridionale per semplificare), mentre Iveco ha il mercato Europeo e sud americano.
Per l’ex Om di Brescia un incontro analogo a quello piemontese non è ancora stato fissato, ma i sindacati dei meccanici si stanno attivando muovendosi nella stessa direzione di Fim, Fiom e Uilm del Piemonte.
Da Om a Iveco
Om di Brescia era nata il 13 febbraio del 1899 come «Società Anonima Officine Meccaniche, già Miani, Silvestri, Comi, Grondona» per la fabbricazione di materiale ferroviario, che nel 1918 acquistarono la fabbrica di automobili dell’ingegner Roberto Zust, che aveva avuto nel capitale anche le famiglie Bertelli, Guindani, Moggia, Martinoni) fondata per costruire vetture familiari.
Erano state quelle le basi dello stabilimento di via Volturno, entrato cinquant’anni fa nel gruppo Iveco, holding che quest’anno festeggia il mezzo secolo e del quale, nello scorso mese di luglio, ha stato dato l'annuncio della cessione (compreso quindi l'impianto di Brescia) al gruppo indiano Tata, uno dei maggiori gruppi industriali indiani con sede a Mumbai e con una lunga storia industriale nei più svariati settori produttivi.
Controllato dalla holding Tata Sons, il gruppo Tata venne fondato da Jamshedji Tata e, fin dalla fondazione, un membro della famiglia Tata è stato quasi sempre alla guida della holding. Ratan Tata, che è succeduto a J.R.D. Tata negli anni novanta, è stato per 21 anni presidente. Dal gennaio 2017 la guida del gruppo è affidata a Natarajan Chandrasekaran dopo la sostituzione di Cyrus Mistry, il manager che dal 2012 all'ottobre 2016 è stato al vertice della società. Nascerà un gruppo da 540mila veicoli venduti con ricavi combinati per 22 miliardi di euro.
Il libro
Sul primo mezzo secolo di Iveco, Fondazione Negri ha pubblicato in questi giorni – curato da Massimo Condolo – «Iveco 50. 1975-2025» che – anche perché probabilmente nessuno sapeva cosa poi sarebbe accaduto – come un volume argine tra il passato e il futuro: da una parte Iveco post Fiat e dall’altro Iveco pre Tata.
È un libro particolare, in cui l’autore prende in esame i protagonisti , i luoghi, le tecnologie e i mezzi, quei camion grandi e piccoli che hanno scritto la storia della holding.
La storia dello stabilimento di Brescia è eloquente e, scrive Condolo, «nell’organizzazione Iveco, Brescia diventa il centro di competenza per i medi; dal 1991 vi viene sviluppato l’Eurocargo, di cui nel 2021 è uscito dalle linee di montaggio il seicento millesimo esemplare. La capacità produttiva è di 140 veicoli al giorno. Tra il 2007 e il 2008 le linee sono state completamente rinnovate ed è stato introdotto il World Class Manufacturing. In tempi più recenti la carbon footprint dello stabilimento è stata ridotta di 1300 tonnellate annue, grazie a 20.000 pannelli solari installat» sulle coperture dello stabilimento.

Va detto che l’Eurocargo è stato un successo commerciale pazzesco, paragonabile a quello del Leoncino, il vecchio, storico, cavallo di battaglie sul mercato e del quale molti anni più tardi verrà ripreso il nome per l’equivalente automezzo contemporaneo prodotto in Cina in omaggio a l'antenato di OM.
Storia e tecnica
Il libro è molto tecnico, ma è anche molto storico: ad esempio – sempre a proposito di Eurocargo made in Brescia – l’autore scrive che per il restyling viene incaricata una grande firma della carrozzeria, Bertone e che «con sole tre linee curve su un frontale squadrato, sembra che sorrida. La mascherina è piana con due piccole feritoie orizzontali disposte a formare uno scudetto e, con lui, un forte family feeling con la prima serie dello Stralis», altra macchina che ha avuto un forte legame con Brescia, seppur limitato soprattutto alla verniciature delle cabine.

Su Eurocargo i toni del libro sono premianti: viene definito «al passo con i tempi», il restyling del 2015 «il più riuscito essendo rimasto sulla breccia per nove anni«, «apprezzato nel suo continente natìo, ma anche là dove il termine “Euro” non avrebbe molto senso, e per questo in Sud America si chiama “Tector” o dove assume connotati di raffinato esotismo come in Australia».
Toni premianti per l’automezzo, conseguentemente premianti per lo stabilimento di Brescia dove nella prossima primavera arriveranno gli indiani di Tata. Istruzioni per l’uso: quando la manualità prevaleva sull’automazione, si diceva che a Brescia la meccanica in Om fosse fatta da uomini che con la lima sapevano fare i baffi alle mosche. Poi è arrivata l’automazione. La tradizione e la bravura nel lavoro sono rimasti.
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