Cultura

Quando la Gioconda trafugata al Louvre finì nelle mani di D’Annunzio

Sono due gli episodi che legano il Vate al capolavoro sottratto, in antitetica veste di eroe o correo
La Gioconda
La Gioconda
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Ci sono storie che alcuni mormorano e pochi conoscono; consegnate alla memoria o seppellite negli archivi. E che, quando si affacciano dagli abissi dell’oblio, tornano ad affascinare con la rinnovata potenza di foto seppiate. È il caso delle vicende che legano il Vate al furto più eclatante del Novecento, quello della Gioconda, messo a segno nel 1911 al Louvre dall’inconsapevole (ma non troppo) imbianchino Vincenzo Peruggia. Sono due gli episodi che legano il Vate al capolavoro sottratto, in antitetica veste di eroe o correo. Li riferisce Piero Chiara nella sua «Vita di Gabriele D’Annunzio».

La prima pagina di Le Petit Parisien del 1911
La prima pagina di Le Petit Parisien del 1911

In visita ad Arcachon

Stando alle parole di Tom Antongini, segretario e biografo del Vate, il Peruggia si presentò il 14 settembre 1911 ad Arcachon nello châlet Saint-Dominique, per offrire la Gioconda a D’Annunzio affinché la custodisse. In uno scritto che indusse Charles Chassé di ABC Magazine a ritenere il furto addirittura ordinato da D’Annunzio, il Poeta avrebbe confermato questa versione. Millantava? Chissà. I ricercatori non escludono che Peruggia gli abbia fatto visita, più probabilmente nel 1913 a Parigi, dichiarandosi autore del furto del quale parlava tutto il mondo e chiedendo consiglio su cosa farne del quadro.

D'Annunzio durante l'esilio in Francia
D'Annunzio durante l'esilio in Francia

La trappola

E qui si innesta una seconda ipotesi, anch’essa non comprovata. La vedova del ladro Peruggia e un fratello avrebbero riferito che D’Annunzio, dopo aver visto la tela e averne verificata l'autenticità, avrebbe consigliato di restituire la tela all’Italia con un gesto sensazionale. Addirittura mettendolo in contatto con l’antiquario Alfredo Geri e organizzando l’appuntamento all’Albergo Tripoli, che si rivelò una trappola per il ladro.

Coincidenze o prove?

La restituzione della Gioconda al Louvre
La restituzione della Gioconda al Louvre

Se è vero che non sono emerse prove tangibili a sostengo di quei racconti è pur vero che l’imbianchino di Dumenza difficilmente poteva conoscere il Geri, che era invece guarda caso vecchio amico del Vate. La ragione della trappola poteva nascondersi nel disegno dannunziano di conseguire, forse spartendola con Geri, l'ingente taglia stabilita dal governo francese per il recupero del capolavoro leonardesco. Taglia che non risulta sia stata mai pagata.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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