Philippe Meirieu: «La città deve essere una scuola»

L’educazione non è solo compito della scuola: riguarda la famiglia, le istituzioni, la società civile e perfino l’architettura delle nostre città. È il cuore della lezione portata ieri al «Festival dell’educazione» da Philippe Meirieu, uno dei più autorevoli pedagogisti europei, ospite all’auditorium SantaGiulia in un incontro coordinato da Daniele Bruzzone. L’idea è immaginare la città come spazio educativo per tutti, capace di favorire emancipazione e solidarietà.
Ma ogni utopia porta anche il rischio dell’ambiguità e del controllo. Per Meirieu l’eredità più preziosa dell’Illuminismo è la convinzione che ogni essere umano sia educabile lungo la vita. Una certezza che ha maturato anche a partire dal contatto con studenti in grande difficoltà, scoprendo che il loro rifiuto dell’apprendimento non derivava da limiti naturali, ma da un passato scolastico segnato da fallimenti ripetuti.
Stimolo
«Nessuno – sostiene Meirieu – è condannato all’insuccesso se la società sa offrire strumenti e occasioni per ripartire». Educare, però, non significa addestrare. Anche i metodi più efficaci, se fondati sulla coercizione, negano la libertà della persona e quindi tradiscono il senso stesso dell’educazione. L’alternativa è costruire situazioni ricche e stimolanti che facciano nascere la voglia di imparare: nei banchi di scuola, nella vita familiare, ma anche negli spazi urbani. Da qui nasce il concetto di città educante: una comunità che non si limita a trasmettere regole, ma diventa laboratorio di esperienze culturali, incontri tra generazioni, partecipazione civica.
«Non si tratta di un sogno ingenuo – ricorda il pedagogista –, perché la storia delle utopie urbane dimostra quanto facilmente l’ideale educativo possa scivolare nel controllo sociale. La sfida è garantire un equilibrio democratico, attraverso assemblee vive e principi sempre rimessi in discussione, evitando il pericolo di una città che sorveglia invece di educare». Nel tempo dei social, degli algoritmi e delle fake news la scuola ha un ruolo cruciale: insegnare a rallentare. In un mondo dominato dall’immediatezza e dalle pseudo-conoscenze superficiali, l’educazione deve proporre la fatica della ricerca, il confronto con il pensiero scientifico, il dialogo con chi la pensa diversamente.
Comunità
«È così che si coltiva lo spirito critico – sottolinea –, antidoto contro i populismi e l’individualismo che minacciano la democrazia». Guardando a Brescia, Meirieu immagina una città che tra vent’anni sappia restituire spazio e protagonismo ai bambini, con quartieri in cui si gioca liberamente, laboratori diffusi, giornali di comunità, scambi culturali nei bar e nei teatri, fablab accessibili a tutti. Una città in cui anziani e giovani condividono competenze. L’immagine è quella di un tessuto urbano in cui cultura e vita quotidiana si intrecciano. Un orizzonte che riguarda anche urbanisti, amministratori e cittadini.
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