Perché a Brescia c'è una gran voglia di andare a teatro

Dopo la pandemia, a Brescia c'è tanta voglia di teatro. Le platee affollate e i continui sold out cittadini indicano, in quella che gli operatori del settore definiscono «la città del teatro», una netta ripresa non solo numerica, ma di entusiasmo nei confronti dello spettacolo dal vivo. Come se dopo l'isolamento si sentisse il forte bisogno della condivisione negli eventi in presenza.
Ma facciamo un passo indietro, per capire come siamo arrivati fin qui.
Lo spettacolo dal vivo è stato certamente tra i settori che hanno maggiormente accusato il colpo della pandemia. Le perdite economiche subite nei due anni di emergenza sanitaria sono state ingenti, e il timore che le chiusure dessero il colpo di grazia a un comparto già sofferente (sopra il palco e dietro le quinte) era reale. Eppure, i lockdown sembrano aver fatto da spinta contraria: la lontananza dalle platee pare avere risvegliato nel pubblico l'esigenza di assistere agli spettacoli dal vivo, di fronte agli artisti in carne e ossa, rinunciando volentieri ai surrogati a distanza proposti nei mesi d'emergenza.

Il Teatro Grande in Corso Zanardelli, per esempio, ha registrato una leggera contrazione degli abbonamenti per la stagione dell'Opera, a fronte di un rinnovamento del pubblico e di numeri comunque più che positivi. Idem il Teatro Sociale: la sala del Centro Teatrale Bresciano in via Felice Cavallotti ha osservato a inizio stagione un leggero calo sugli abbonamenti a posto fisso, compensati tuttavia dall'aumento dei singoli biglietti. «La sensazione - ipotizza il direttore del Ctb Gian Mario Bandera - è che il pubblico si senta in difficoltà a prendersi una responsabilità sull'intera stagione, decidendo di volta in volta».

Queste presenze, di fatto, incoraggiano a tal punto da fare sbilanciare anche il Sovrintendente del Teatro Grande Umberto Angelini: «Siamo la città del teatro», dichiara. «Abbiamo due teatri principali a due passi l'uno dall'altro, che spesso funzionano contemporaneamente e che, sempre contemporaneamente, attirano tanto pubblico. È la dimostrazione di come Brescia ami il teatro. Spesso registriamo il tutto esaurito e certi spettacoli beneficerebbero di date aggiuntive, e come noi il Teatro Sociale. Sono dati che dovranno necessariamente pesare sulle considerazioni e sulle decisioni. Il pubblico è così forte e numeroso da riempire spesso entrambe le sale».
Quali spettacoli vanno sold out?

Secondo i direttori dei due teatri cittadini maggiori, il Teatro Sociale (per la prosa) e il Teatro Grande (per opera, balletto, concertistica e danza), il gusto del pubblico è ben riconoscibile nei sold out. Per quanto riguarda la prosa, sono i classici rivisitati ad attrarre spettatrici e spettatori. «I tre spettacoli che hanno registrato le maggiori presenze - racconta Bandera - sono stati Il Mercante di Venezia, un classico con un grande attore come Franco Branciaroli, ma anche il Sogno di una notte di mezza estate e Come tu mi vuoi di Pirandello, anche qui proposto in una rilettura più moderna».
Per quanto riguarda il Teatro Grande, a riempire la sala è la Stagione Opera e Balletto, che anche quest'anno è andata esaurita, con quasi mille abbonamenti che mettono Brescia in un'ottima posizione, come sottolinea Angelini: «Dopo la Scala, il Grande ha la percentuale di abbonamenti più alta in Lombardia. E anche se sono leggermente inferiori rispetto al 2019, si compensa con i singoli biglietti».

Ma non è solo l'opera a riempirlo: negli ultimi anni il Teatro Grande, nella linea artistica dettata da Angelini, ha proposto grandi e piccoli nomi della danza contemporanea e sperimentale, abituando il pubblico a nuove forme coreutiche che, ora, fanno il tutto esaurito: «Rispetto al 2019 c'è un piccolo calo, e se prima riempivamo le sale all'80% ora arriviamo al 70-75%. Ma erano e restano percentuali molto alte. Lo spettacolo di danza di James Pett e Travis Sven Clausen-Knight della prossima settimana, in Sala Palcoscenico Borsoni, è già al completo», anticipa il Sovrintendente. «Abbiamo venduto moltissimi biglietti anche per il concerto barocco in Sala Grande e 850 persone hanno partecipato all'iniziativa Il Grande per i Piccoli. Lo dico con grande prudenza, perché vedo la situazione in Italia, ma siamo contenti di come stia andando».
I teatri in provincia
Diverso il discorso per la provincia, che per sua natura registra affluenze differenti a seconda del teatro e della zona. «Nei teatri che hanno o iniziano ad avere una certa identità con una proposta riconoscibile e articolata, consistente (come l'Odeon di Lumezzane e il Teatro delle Ali di Breno), notiamo una crescita degli spettatori, sia abbonati che occasionali», rivela Vittorio Pedrali, direttore artistico delle stagioni di prosa dei due citati spazi oltre che di quella del teatro di Edolo, del Politeama di Manerbio, del teatro di Erbusco e del Teatro Santa Giulia del Villaggio Prealpino in città.

La sua formula per attrarre pubblico si fonda da sempre su un mix di proposte pop, classiche e varie, diversificando contenuti e linguaggi teatrali all'interno della stessa stagione. «L'Odeon ha chiuso con un +6,2% di abbonati e le previsioni fanno ben sperare in una buona annata». Anche Breno, continua, ha aumentato gli abbonamenti. «Lì ci siamo inventati un mini carnet per alcuni spettacoli passando da poco più di 120 a quasi 140 abbonati, con 40 mini abbonamenti».
Anche Edolo Teatro pare andare bene, svela. «Per ora c'è stato solo un appuntamento, ma 120 abbonati su 170 posti è un buon numero. C'è poca proposta teatrale nella zona, è vero, ma non si è automaticamente attrattivi: bisogna lavorarci». Anche il Politeama di Manerbio, dice, sta recuperando bene, così come Erbusco, «che riprende dopo due anni con lo zoccolo duro degli abbonati, che però devono ricostruire l'abitudine».
Il Santa Giulia in città, spiega, fa invece più fatica: «La collocazione cittadina e periferica fa sì che debba ancora trovare il proprio spazio e la propria identità». «Identità» è secondo Pedrali la parola che riassume il perché certi teatri siano più frequentati di altri. «Non servono grandi nomi. Il pubblico impara a fidarsi. Che è quello che siamo riusciti a costruire insieme con l'amministrazione comunale di Lumezzane all'Odeon. Non è un meccanismo magico: continuando a insistere sugli obiettivi chiari, variando le scelte e compiendo piccole decisioni che non stravolgono la stagione, e non cedendo per forza all'orientamento del pubblico, i risultati arrivano».
Meno abbonamenti, più biglietti dell'ultimo minuto

Se in provincia, come spiega Pedrali, gli abbonati crescono, in città diminuiscono, ma non è un dato preoccupante. La fruizione, semplicemente, sta cambiando. Al calo degli abbonamenti a posto fisso di cui aveva parlato Bandera (un 10-15%, suppergiù, «un dato nettamente migliore rispetto alla media nazionale che sta registrando una riduzione di circa il 40-50%»), corrisponde una crescita importante dello sbigliettamento, ovvero del biglietto acquistato sera per sera. La fidelizzazione dunque rimane, ma assoggettata al gusto del pubblico che pare scegliere di volta in volta se assistere o meno allo spettacolo (in questo caso di prosa). «Per questo motivo - dice Bandera - costruendo la prossima stagione faremo attenzione non solo alle proposte, ma anche al modo in cui le comunicheremo sia sui canali tradizionali che sui social». Il pubblico infatti prima di acquistare il biglietto si informa, e solo quando è più consapevole aderisce alle proposte.
Dello stesso parere è il Sovrintendente Angelini, che tuttavia aggiunge un tassello a questa analisi: «Anche noi abbiamo notato un cambiamento nella modalità di acquisto. Buona parte del pubblico compra i biglietti negli ultimi giorni, forse a causa delle incertezze post-Covid (anche di salute). Se prima si acquistava con largo anticipo, oggi no. Dovremo farci i conti in maniera strutturale: non siamo più in piena pandemia, ma l'acquisto nell'ultima settimana è ormai una certezza».
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