Marco Morricone: «Il libro su mio padre Ennio, uomo duro e geniale»
«Uomo stupendamente enigmatico e contraddittorio: parco nelle parole ma lauto di note; genitore duro però capace di generosità infinita; lavoratore instancabile eppur pervaso di irrazionalità bambina; sicuro di sé e ipersensibile, uno spirito inflessibile dall’animo infantile; schivo, introverso, indecifrabile, onesto, leale, dotato di un’etica smisurata; immensa competenza artigianale, sconfinata disponibilità all’ascolto. Il suono gli entrava in risonanza. Travasava ogni emozione in musica. Nessun segreto, misteri: molti. Quello che più mi manca sono i suoi silenzi...».
Il ricordo
Il primogenito Marco Morricone ricorda con immutata commozione il padre Ennio, compositore, scomparso cinque anni fa, Oscar alla carriera nel 2007, e nel 2016 per la colonna sonora del film di Quentin Tarantino «The Hateful Eight». A lui ha dedicato un libro che sarà presentato domani, venerdì, alle 18 nella Sala dei Provveditori a Salò. In serata, alle 21.30 in piazza Duomo il concerto «Morricone Rarities» con l’Orchestra di Padova e del Veneto diretta da Marco Serino. «Questo libro è la chiusura di un cerchio, l’elaborazione definitiva del lutto», confessa. Lo abbiamo intervistato.
Marco Morricone, perché parla di «un padre difficile»?
Papà era affettuoso e insieme severo, schematico, aspro. Non ti gratificava mai. Era figlio della guerra: vedere la gente morirti accanto ti indurisce l’anima. Ha disciplinato la sua esistenza in un perimetro sigillato, un territorio dell’anima inaccessibile a chiunque. Lo guardavo di nascosto dalla porta socchiusa, mentre lavorava nella sua tana-studio, sideralmente lontano. In quel regno impenetrabile la sua creatività è fluita libera, lieta e lieve, protetta da rigorose ritualità e tempistiche militari.
Quale insegnamento le ha lasciato?
Mi ha trasmesso il rispetto della persona, del lavoro, della dignità, dell’onore, il senso della famiglia, l’umiltà: stare sempre un gradino sotto. Una posizione che credo nascesse dalla sua fede: di fronte a Dio perfino la carta pentagrammata può diventare un ostensorio.
Come lo consideravano i compositori di musica colta?
I circuiti ufficiali lo avevano emarginato. È stato eletto Accademico di Santa Cecilia a quasi 70 anni. Ha scritto oltre 500 colonne sonore e più di 120 opere di musica assoluta, che ci ha raccomandato negli ultimi giorni di vita, molte non ancora pubblicate, scritte a penna perché non sapeva neanche accendere un computer. Il suo desiderio era che venissero eseguite anche quelle. Un giorno lo accompagnai a Vienna con il suo gruppo di musica contemporanea Nuova Consonanza. Feci il viaggio in furgone, seduto su un amplificatore. Al concerto vennero tre spettatori. «Perché lo fai?», gli chiesi. «Sono curioso».
Che tipo di presenza è stata sua madre?
Mamma Maria, oggi 92enne, è stata compagna, colonna, complice, collaboratrice, la nostra arca di salvezza. La prima ascoltatrice dei temi che papà scriveva: lui non leggeva nemmeno più i copioni, era lei che gli raccontava i film e insieme decidevano se farli. Dopo la morte del babbo, mamma ci ha detto: «D’ora in poi consideratemi come una vedova siciliana: non voglio più apparire.
Ci fa un ultimo regalo?
A fine libro compare un QR Code d’un brano inedito di papà, scritto per la commedia dell’amico Valerio Cappelli, «Ci sono amori che non accadono mai», andata in scena solo due volte, causa Covid. Una dolcissima gemma.
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