Musica

Festival Tener-a-mente al Vittoriale, grande successo per i The The

Enrico Danesi
La qualità sopraffina di Matt Johnson ha fatto la differenza: il gruppo si candida già al podio dei migliori live del festival gardesano
  • I The The al Vittoriale
    I The The al Vittoriale - Foto New Reporter Marazzani © www.giornaledibrescia.it
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AA

Buona, anzi ottima, pure la seconda di «Tener-a-mente», anche se con qualche spettatore in meno rispetto al tutto esaurito della prima sera, quando si è alzato il sipario sulla quattordicesima edizione del festival musicale del Vittoriale. A decretare il successo di serata ci ha pensato la qualità sopraffina di Matt Johnson, deus ex machina di un progetto collettivo a dimensione variabile, i The The, che ha ruotato intorno a lui fin dalla costituzione (correva il 1979), allorché la band si è presentata sulla scena new wave e post punk britannica per poi imporsi, negli anni Ottanta, sui palcoscenici di tutto il mondo.

Lanciata in orbita da una manciata di album di rango assoluto, tra cui il capolavoro «Soul Mining» (1983), non per caso omaggiato con ben cinque pezzi (al pari dell’ultima fatica, «Ensoulment» del 2024, boccata d’aria fresca dopo alcune prove minori e non memorabili colonne sonore) sulla ventina in cui si è articolato il concerto.

Variazione continue

Dopo una cupa intro strumentale che rimanda alla mitologia norrena («Valhalla»), Johnson –accompagnato da quattro compagni di gran valore – si prende il centro della scena con la sua chitarra e soprattutto con quella voce calda, profonda e tenebrosa che non ha perso smalto con l’accumularsi del tempo. Perfettamente a proprio agio con sonorità cangianti che – modulate secondo la sua natura di eterno sperimentatore – variano di continuo, partendo da territori di rock alternativo bagnati nella malinconia del blues per sconfinare nel jazz, nel folk, nel synth-pop, nel trip-hop e nell’elettronica, perfino nel country.

Contiene di tutto questo magnifico live, comprese un paio di canzoni («Armageddon Days Has Here», «Kissing the Ring of Potus») restituite da Johnson come un crooner di razza, sebbene abbiano arrangiamenti che potrebbero annientare vocalità meno strutturate della sua. Accanto ad esse ci sono brani pervasi di riverberi e chitarre distorte («Heartland», «Risin’ Above the Need», «Icing Up»), delicate magie non facilmente incasellabili («Sweet Bird of Truth»), richiami agli anni Sessanta dei Kinks come la pittoresca «The Beat(en) Generation».

Le perle della serata

In verità, ci sono perle sparse lungo tutto il percorso, a partire dalla meravigliosa ballata «Some Days I Drink My Coffee By the Grave of Willianm Blake» (A volte bevo il mio caffè sulla tomba di William Blake), di cui solo il titolo varrebbe il prezzo del biglietto e che riprende in toto le inconfondibili linee di basso e il mood di «The House of Rising Sun», traditional sublimato dagli Animals e riproposto in centinaia di cover in ogni angolo del pianeta. Passando per la struggente «Slow Emotional Replay» che vanta un’intro e un corredo hard-rock da urlo.

Cavalcate di rock

E che dire dell’interrogativamente metafisica «Where Do We Go When We Die?» (Dove andiamo quando moriamo?) o della strepitosa «This Is the Day» (gemma di «Soul Mining», ça va sans dire), quando lo stesso Johnson – premiato da un’ovazione – chiede alla platea di «ascoltarla in piedi e ballarla» e poi di non sedersi più. Ciò che segue renderebbe peraltro impossibile stare composti: è un crescendo di cavalcate rock, tra il battente e il furioso, da «The Sinking Feeling» a «Infected», transitando per «Dog of Lust» e «I’ve Been Waitin’ for Tomorrow (All of My Life)».

Sono apparentemente meno arrembanti i bis, quando Johnson & Co. estraggono dal cilindo morbidezze anni Novanta («Lonely Planet»), tuttavia di nuovo trascinanti con suggestioni dal decennio precedente, pianistiche come «Uncertain Smile» o dai ritmi dance come «Giant». Di certo, i The The si candidano già al podio dei migliori live del festival gardesano: non sarà facile per nessuno superare questi livelli.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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