Musica

Festa Radio, bagno di folla ed entusiasmo altissimo per i 99 Posse

Enrico Danesi
Almeno 7.000 persone per il collettivo napoletano: tra successi del passato e richiami al presente, il live si è trasformato in un rito collettivo antagonista
  • Festa Radio, il concerto dei 99 Posse
    Festa Radio, il concerto dei 99 Posse - Foto New Reporter Marazzani © www.giornaledibrescia.it
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AA

Bagno di folla per i 99 Posse, in una delle serate più partecipate della Festa di Radio Onda d’Urto edizione 2025. Il frontman della band napoletana, Luca ‘O Zulù Persico, ne aveva già avuto un assaggio un paio d’ore prima, quando ha presentato la propria «autobiografia mai autorizzata», ovvero «Vocazione rivoluzionaria», al Chiringuito, dove - per ragioni di spazio - si è trasferita nell’occasione la Libreria del Gatto Nero.

Qui, di fronte a una platea di fan («Nessuno, probabilmente, passato per caso», ha scherzato), Zulù (che al termine del live ha recitato una sorta di preghiera laica per la Palestina, prima di un lungo firmacopie) si è messo a nudo con grande disponibilità, parlando di alcuni degli elementi salienti della sua traiettoria esistenziale ed artistica, dall’adolescenza da liceale nerd alla militanza che è andata a braccetto con la formazione musicale (attraverso il connubio palco e piazza, concerti e manifestazioni), alla dipendenza dalle droghe riscattata da una rinascita che oggi gli garantisce - insieme alla rinnovata posse, in cui occupa un ruolo sempre più rilevante la voce black di Simona Boo - una seconda parte di carriera piena di energia e di consapevolezza.

La Niña

C’erano almeno 7.000 persone (e probabilmente anche qualche centinaio in più) ad ascoltare il collettivo, che è stato preceduto dalla notevole performance della cantautrice (ella pure napoletana verace) Carola Moccia in arte La Niña.

Ripagate da un’antologia della canzone di protesta e antagonista adagiata su sonorità internazionali, combinazione perfettamente calibrata tra genuine sonorità hip hop (legate perlopiù ai ritmi in levare di reggae, dub e raggamuffin), ma senza disdegnare il rock - che fa capolino con una versione magnifica di «El Pueblo Unido Jamàs Sera Vencido» e con la successiva «Povera vita mia», incentrata sulle morti in ambito lavorativo, accompagnata da cifre da brividi - e testi di critica sociale che mettono in piazza le contraddizioni antiche e nuove del Belpaese. Una proposta meno caotica che in passato, ma sempre vitale e universale, pure quando ricorre al dialetto partenopeo e lo frulla con l’inglese, generando un esperanto spurio di notevole e duratura suggestione.

Lo show

Lo show comincia con «Me siente?» e prosegue con pagine ad alta intensità incendiaria quali «Focolaio» e «Rappresaglia», ma pure con le preoccupate «Non c’è tempo» e «Corto circuito». Quando arriva «Children ov Babilon», viene dedicata a tutti i bambini e le bambine del mondo, ed è accompagnata dal monito «Non perdoneremo mai!»: chiaro il riferimento ai cosiddetti «effetti collaterali» dei disumani conflitti contemporanei.

Poi c’è la dichiarazione d’amore per la città da cui il gruppo proviene, «Napoli», e l’elogio obtorto collo dell’arte d’arrangiarsi contenuto in «Tarantelle pe’ campa’ ». È con quest’ultimo brano che i 99 Posse alzano definitivamente i bpm, segnale che scatena il popolo della Festa, che comincia a ballare e non smette più. Nell’aria si diffondono le note di «Stop That Train» e Zulù ironizza: «Per il momento occupiamoci di fermare ste’ maledetto treno…al Ponte (sullo Stretto, ndr) ci penseremo poi…».

Crescendo

In sequenza arrivano «Combat Reggae», «Quello che» e «University of Secondigliano». E, ovviamente, la canzone che dal ‘93 forse meglio identifica la band: la storia del ragazzo che corre, la mitica «Curre Curre Guagliò», che diede lustro alla colonna sonora di «Sud» di Gabriele Salvatores. La passerella finale mantiene intense le pulsazioni ritmiche ed eleva pure il tasso di militanza, senza perdere smalto in termini di intrattenimento, con «Rafaniello», «L’anguilla», «Bella Ciao»,«S’addà appiccià», «La gatta mammona» e «Rigurgito antifascista», che trasformano definitivamente il live in entusiastico rito collettivo antagonista.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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