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Expo Osaka, il clarinettista bresciano: «Costruire ponti fra culture»

Enrico Raggi
Fulvio Capra è di Gussago ma da sei anni vive in Giappone. Quest’anno è tra i protagonisti a Osaka
Il clarinettista bresciano Fulvio Capra
Il clarinettista bresciano Fulvio Capra
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«Il padiglione Italia è tra i più visitati. C’è sempre ressa, coda, entusiasmo. Con il mio concerto ho portato una ventata di melodia belcantistica e di calore latino».

A metà aprile il clarinettista gussaghese Fulvio Capra, da sei anni residente in Giappone, ha suonato in rappresentanza dell’Italia all’Expo di Osaka, proponendo brani di Rossini, Verdi, Morricone. Capra aveva già tenuto alcuni récital presso il Consolato generale d’Italia a Osaka, e in settembre tornerà ad esibirsi all’Expo, in trio con il violinista Mauro Iurato e il pianista Giuseppe Mariotti.

Nel 2023 ha fondato l’orchestra L’Incanto, di cui è anche direttore; insegna clarinetto alla Kurashiki Sakuyo University of Music di Okayama. «Tra gli obiettivi principali della mia compagine orchestrale c’è la promozione del repertorio sinfonico italiano: penso a nomi come Respighi, Martucci, Casella, Alfano, Malipiero, Pizzetti, Ghedini, per dirne alcuni, ma anche a validissimi autori viventi e operanti anche nella nostra provincia.

Infatti con l’orchestra L’Incanto eseguirò il 6 settembre alla Vega Hall di Takarazuka due novità per orchestra d’archi scritte da compositori bresciani: la Sinfonia n. 5 di Paolo Ugoletti e la Suite dall’opera «El Raton de Sevilla» di Massimo Priori. Al riguardo rivolgo a musicologi e appassionati una sorta di appello per la promozione e divulgazione di questo repertorio di grande valore ma ingiustamente trascurato».

Maestro, cosa la affascina di più del mondo giapponese?

Il Giappone è una nazione efficiente, che premia merito e intraprendenza. I giapponesi sono per lo più puntuali, lavoratori instancabili, fedeli e indomiti. Sto imparando la lingua, complessa e affascinante, e cerco ogni giorno di costruire ponti fra le nostre culture, così diverse eppure per molti versi simili, che esercitano l’una sull’altra un uguale fascino e desiderio di conoscenza reciproca.

Quali le sembrano le principali differenze fra i due stili di vita, e dal punto di vista musicale?

Il Giappone mi ha accolto e mi ha consentito di realizzarmi come musicista, grande è quindi la mia riconoscenza verso questo Paese. Come le persone sono precise, affidabili e molto gentili, così i musicisti giapponesi sono esecutori quasi infallibili: si preparano con enorme serietà e la loro esecuzione risulta accurata e diligente, anche se andrebbe arricchita e completata con maggiore e più personale coraggio interpretativo. In questo senso vorrei portare il mio contributo.

Ce la farà?

Con la delicatezza e la diplomazia necessarie per interagire con la loro civiltà, voglio trasmettere il calore interpretativo che caratterizza la musica e i musicisti italiani. In Giappone ho anche formato la mia famiglia e ho imparato ad apprezzare gli aspetti positivi di un diverso modo di intendere la musica e la vita: vorrei quindi creare una legame che faccia conoscere l’eccellenza della nostra musica in un luogo che è pronto ad apprezzarla con entusiasmo. Ora che vivo all’estero, mi stupisce come l’Italia abbia saputo generare artisti e uomini eccezionali.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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