Musica

Con la Treves Blues Band e Lou Marini il ritorno della «musica del diavolo»

Enrico Danesi
Alla Festa di Radio Onda d’Urto un migliaio di spettatori per l’esibizione dello storico gruppo e del saxofonista dei Blues Brothers
Treves Blues Band e Lou Marini a Festa Radio
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Il Puma ruggisce e graffia come sempre, e allora prende sempre più piede il blues, alla Festa di Radio Onda d’Urto. Da quando il direttore artistico Luciano Taffurelli ha deciso di (re)inserire una serata dedicata alla «musica del diavolo» nel palinsesto antagonista, si registra per quella data una crescita costante di pubblico, di anno in anno.

Al punto che in questa edizione si è superato il migliaio di appassionati con una combinazione articolata che ha visto in principio i bresciani Crowsroads con il loro raffinato folk-blues, quindi gli inglesi Zac Schulze Gang con un (hard)rock-blues muscolare e dal ritmo travolgente, per finire appunto con la Treves Blues Band capitanata dall’inossidabile Fabio Treves, la formazione blues per eccellenza del panorama nazionale.

  • La Treves Blues Band e Lou Marini alla Festa di Radio Onda d'Urto
    La Treves Blues Band e Lou Marini alla Festa di Radio Onda d'Urto - Foto New Reporter Papetti © www.giornaledibrescia.it
  • La Treves Blues Band e Lou Marini alla Festa di Radio Onda d'Urto
    La Treves Blues Band e Lou Marini alla Festa di Radio Onda d'Urto - Foto New Reporter Papetti © www.giornaledibrescia.it
  • La Treves Blues Band e Lou Marini alla Festa di Radio Onda d'Urto
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  • La Treves Blues Band e Lou Marini alla Festa di Radio Onda d'Urto
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  • La Treves Blues Band e Lou Marini alla Festa di Radio Onda d'Urto
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  • La Treves Blues Band e Lou Marini alla Festa di Radio Onda d'Urto
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  • La Treves Blues Band e Lou Marini alla Festa di Radio Onda d'Urto
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  • La Treves Blues Band e Lou Marini alla Festa di Radio Onda d'Urto
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Il carismatico Puma di Lambrate (definizione «felina» derivativa, per comparazione con il Leone di Manchester, l’indimenticabile John Mayall) celebra quest’anno 75 primavere e il mezzo secolo del gruppo di cui è leader e al quale presta da sempre la propria carica e il proprio cognome (una realtà fondamentale per la diffusione del verbo delle dodici battute nel nostro Paese, anche quando molti ritenevano che fosse fatica sprecata).

In mezzo all’oceano di blues con il quale ha festeggiato la doppia ricorrenza c’è anche un certo numero di esibizioni con un ospite speciale d’eccezione come Lou Marini, sax dei leggendari Blues Brothers, celebre per il ruolo di lavapiatti/inserviente/aiuto-cuoco che svolge nel film di John Landis inventrato sui fratelli Blues, al servizio dell’inimitabile Aretha Franklin. Così è stato anche nel live bresciano, impreziosito dalla presenza del polistrumentista, originario di Charleston ma con i nonni paterni che giunsero in Usa dalla valle del Chiese.

Polistrumentista (ma pure arrangiatore e compositore) con una predilezione per il saxofono, l’eclettico Marini, oltre a tutta la parabola dei BB, ha fatto parte dei Blood, Sweet & Tears, e - a proprio agio con blues, jazz, rock e r&b - ha collaborato, tra gli altri, con Stevie Wonder, Frank Zappa, Bill Evans, Eric Clapton, James Taylor, Diana Ross, Aerosmith, Gerry Mulligan e Rolling Stones, oltre naturalmente alla leggendaria Aretha.

Se Blue Lou è stato la ciliegina sulla torta, è impossibile non sottolineare come l’attuale line-up della TBB sia un concentrato di musicisti di notevole qualità che supportano al meglio il veterano meneghino dell’armonica: Alex «Kid» Gariazzo si conferma un virtuoso della chitarra (acustica o elettrica, non fa differenza), ma si cimenta con ottimi risultati anche a banjo, ukulele, lap steel, mandolino e canto; il bassista Gab Dellepiane forma una rodata sezione ritmica con Massimo Serra, batterista di straordinaria misura.

Scaletta

Prima di chiamare in scena Marini, la TBB distilla classici come «Minglewood Blues» (che risale addirittura al 1928!), gioielli più recenti come «I’m in I’m Out and I’m Gone» di Ben Harper e Charlie Musselwhite, ma anche creazioni più o meno originali di Gariazzo, che prima canta un (magnifico) “lentone” (la definizione di Treves medesimo), quindi rielabora a modo suo «Take This Hammer», un dolente canto di lavoro di fine ‘800, motivandolo con il fatto che «purtroppo, nel 2024, c’è ancora troppa gente che sul lavoro soffre e a volte muore».

Quindi sfoggiano uno dei loro cavalli di battaglia, quella miscellanea che è «Stone Fox Chase» (in origine pezzo degli Area Code 615, band anni ‘70 di Nashville), «un pezzo - spiega Treves - che ci consente di omaggiare in un colpo solo, in puro stile anni ‘60, gente del calibro di Hendrix, Clapton, Santana, Creedence Clearwater Revival, Rolling Stones e Beatles».

Il saxofonista

Poi arriva, annunciato in pompa magna, il saxofonista americano e l’atmosfera si arricchisce di ulteriori cromatismi sonori, quelli garantiti dai fiati; e che fiati! Anche se il settantanovenne Marini, con la lunga chioma ora candida, sfodera pure una voce graffiata e vissuta che non gli conoscevamo. Alcuni standard avvicinano rapidamente ai capolavori targati Blues Brothers (nel senso che la band di Belushi e Aykroyd donò loro una vita ulteriore, rispetto a quella gloriosa che già avevano avuto) come «Sweet Home Chicago», «Minnie the Moocher» «Jailhouse Rock» o «Everybody Needs Somebody To Love». Pubblico che si spella le mani… Forever Blues!

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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