Cultura

«La fiera di San Faustino» 1966- 2020, tutte le foto al Macof

Fino al 3 marzo al in via Moretto sessanta immagini dall’Archivio del Museo della Fotografia sulle bancarelle più famose di Brescia
La fotografia del 1966 di Carlo Marenzi scelta per il manifesto della mostra
La fotografia del 1966 di Carlo Marenzi scelta per il manifesto della mostra
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Sembra quasi di sentire il profumo di frittelle e quello dell’incenso. Sì, girovagando tra le sale del Ma.Co.f pare di stare a San Faustino. Pare, perché (causa Covid) la fiera cittadina è stata annullata per la seconda volta. Ma il Centro della Fotografia Italiana prova a replicarne almeno l’atmosfera: al primo piano del Mo.Ca., in via Moretto 78, i visitatori possono infatti respirare un pizzico di «Sanfa», grazie alla mostra «La fiera di San Faustino», curata dalla storica della fotografia Luisa Bondoni e inserita nel ciclo «Dentro la permanènte», sezione del Ma.Co.f che di mese in mese porta la fotografia bresciana all’interno dell’esposizione fissa del museo.

La mostra

«Invece di presentare un autore abbiamo pensato di coinvolgere più sguardi per parlare di un argomento. Dato che, ahimè, la fiera ci viene scippata dalla pandemia, ho pensato fosse bello dedicare l’esposizione a San Faustino, coinvolgendo il Cinefotoclub e il Museo Nazionale della Fotografia diretto da Bondoni» ha raccontato il direttore del Ma.Co.f, Renato Corsini. Inaugurata ieri, «La fiera di San Faustino» è a ingresso gratuito (con Super Green Pass) ed è visitabile dal martedì alla domenica dalle 15 alle 19, fino al 3 marzo (informazioni al sito www.macof.it e sulle pagine Facebook del Ma.Co.f e del Museo Nazionale della Fotografia). La fiera che celebra i Santi patroni di Brescia, quindi, è qui ripercorsa attraverso gli scatti dei numerosi fotografi e fotografe che hanno partecipato, negli anni, al concorso per immagini che il Cinefotoclub della città istituì nel 1966 e che ha avuto luogo ininterrottamente fino al 2020.

Lo scatto di Fausto Schena del 1969 fissa il «rito» delle caldarroste
Lo scatto di Fausto Schena del 1969 fissa il «rito» delle caldarroste

Più di 50 anni in foto 

Le fotografie, oggi conservate nell’Archivio del Museo Nazionale della Fotografia, sono tutte vintage. A partire dagli scatti di Carlo Marenzi del 1966 si arriva fino alle ultime immagini scattate nel 2020 da Riccardo Palazzani e Claudio Rizzini: si passa dagli scatti in bianco e nero stampati in camera oscura per arrivare alle diapositive saturate degli anni Ottanta e Novanta e al digitale (ritoccato e no) di questi giorni. Perché l’esposizione non è solo occasione per analizzare la fenomenologia degli stili e della moda, ma anche momento per indagare l’evoluzione del mezzo fotografico. Molti i nomi noti: Fausto Schena, Piero Gerelli, Piero Manenti, Giuseppe Pellegrini, Fabio Cigolini, Giambattista Pruzzo, Roberto Marchi, Cesare Morstabilini, Lucio Vecchi e Maria Maestri, tra gli altri. Camminando nei corridoi i cappotti caldi ritratti alle pareti cambiano taglio, le acconciature si fanno più moderne, i palloncini appaiono sempre più elaborati, i manifesti si susseguono sostituendosi l’un l’altro e la città si trasforma insieme alla fiera. Ciò che non cambia è la gioia negli occhi, quella che esplode davanti a un povero sacchetto di caldarroste o a una nuvola di zucchero filato.

La mostra segue l’evoluzione della tecnica: qui il colore di Fabio Cigolini del 1989
La mostra segue l’evoluzione della tecnica: qui il colore di Fabio Cigolini del 1989

La storia

«Le sessanta immagini scelte - spiega Bondoni - ssono disposte in ordine cronologico, per concludersi con una fotografia emblematica: quella che ritrae un manichino che, nei giorni della fiera del 2020, già indossava la mascherina. Eravamo ignari di tutto ciò che stava già accadendo». Quest’anno qualcuno ha proposto di fotografare le vie ancora vuote nella giornata del 15 febbraio, sorride Bondoni (anche se è un sorriso). A pensarci ora, il concorso, che nei decenni ha raccolto centinaia di fotografie, è ancor più prezioso di quanto si potesse immaginare fino a poco tempo fa. La «storicizzazione», obiettivo secondario dell’iniziativa, s’è fatta ora esigenza: sono passati solo due anni dall’ultima volta che il centro s’è riempito di bancarelle, palloncini, frittelle, cianfrusaglie e giocattoli, e già tutto questo manca moltissimo. Riguardare con occhi nostalgici è inevitabile, nonostante l’ultima edizione vissuta nella vecchia normalità sembri ancora lì dietro.

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