Francesco Costa: «Com’è cambiato Trump dal primo mandato a oggi»

«Trump sta cercando i limiti del potere presidenziale, spingendosi dovunque può spingersi finché qualcuno non lo ferma». Ne è convinto il direttore del Post, Francesco Costa, autore di podcast e di libri sugli Usa, ospite ieri sera della rassegna «We love Castello». Tanti i temi trattati nell’incontro, moderato dal caporedattore del Giornale di Brescia, Carlo Muzzi: la politica estera del tycoon, i dazi, il rapporto disinvolto con l’informazione, la paura di possibili derive autoritarie.
La nuova partita di Trump
Secondo Costa, che ha annunciato la pubblicazione di un nuovo libro il prossimo anno – sempre a tema Usa –, il filo conduttore è un modo nuovo di interpretare il ruolo di presidente: «È cambiato molto rispetto al primo mandato – ha spiegato –. Nel 2016 venne eletto prendendo 3 milioni di voti in meno di Hillary Clinton e tutti pensarono che la sua elezione fosse stata un incidente della storia. L’anno scorso invece ha vinto in modo largo e oggi sente di avere – e ce l’ha – un mandato politico più forte: ha la possibilità di rigiocare la partita che ha giocato male la prima volta e ha deciso di non fare prigionieri».

Ciò si traduce in un’azione più spregiudicata: «Sin da subito ha cercato di ottenere i suoi obiettivi intimidendo gli altri, anche cercando di presentarsi più forte di quanto sia davvero». Come nel caso dei dazi o delle richieste di aumento della spesa militare ai paesi Nato: «Dove lui vede debolezza va avanti finché non trova un limite. Dove ha visto rigidità, come con la Cina, ha fatto delle retromarce». Anche il rapporto col partito è cambiato: «Quando vinse la prima volta era considerato un corpo estraneo dai repubblicani: oggi non si può fare carriera nel partito se non si è pro-Trump. Ma la classe dirigente repubblicana ha anche dovuto riconoscere che i suoi metodi ottengono obiettivi che nemmeno i conservatori riuscivano a ottenere».
Lo staff della Casa Bianca
Il nuovo corso di Trump passa anche dalla scelta dello staff della Casa Bianca, a partire dal vicepresidente J.D. Vance: «Ha messo persone fedelissime in tutti gli incarichi – ha spiegato Costa –. Vance per certi versi è anche più temibile di Trump, che ha una serie di debolezze legate al suo ego e alla sua vita personale».
Oltre a diffondere notizie false o non verificate, Trump in questi mesi ha condiviso spesso contenuti fake prodotti con l’AI. «Ha capito che nel mondo contemporaneo la differenza è tra esserci e non esserci, fa in modo che parliamo solo di lui e non di altre cose». Sui conflitti è difficile prevederne le mosse: «Non ha una bussola morale, non gliene frega niente di chi ha ragione tra Russia e Ucraina o dei civili massacrati a Gaza. Gli interessa potersi intestare delle vittorie. Non è putiniano, ma sarebbe disposto a far vincere Putin se questo gli potesse far dire di aver fatto finire la guerra».
Futuro
Fin dove potrà spingersi? «È la domanda delle domande – ha concluso Costa -. Tanti si chiedono se gli Stati Uniti resteranno una democrazia: le costituzioni hanno valore finché e persone le applicano e ci credono, quello che Trump potrà fare o no dipenderà dalle elezioni di metà mandato, dalle manifestazioni di protesta, dai movimenti d’opposizione, dai giornali. Dipenderà dalle persone».
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