Cultura

«Ferrari» alla Mostra del Cinema di Venezia: sullo schermo le scene girate a Brescia

A Venezia il biopic di Michael Mann in cui piazza Vittoria, dove sono girate le scene della corsa storica, gioca un ruolo fondamentale
Ferrari, Trailer (2023) Adam Driver, Shailene Woodley
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Il richiamo irresistibile del brand Ferrari aggira lo sciopero hollywoodiano e porta i primi divi americani in Laguna. Sono Adam Driver e Patrick Dempsey, interpreti (insieme a Penélope Cruz, Jack O'Connell, Sarah Gadon e Shailene Woodley) del biopic «Ferrari» di Michael Mann, in cui gioca un ruolo non da poco Brescia, in particolare piazza della Vittoria, dove sono state girate le sequenze che riguardano partenza e arrivo della Mille Miglia 1957, evento seminale per l’economia della storia: scene di massa, che rendono piuttosto bene l’atmosfera spumeggiante che ha sempre circondato la «grande corsa» che i bresciani hanno nel cuore.

  • Il set del film Ferrari in piazza Vittoria
    Il set del film Ferrari in piazza Vittoria
  • Il set del film Ferrari in piazza Vittoria
    Il set del film Ferrari in piazza Vittoria
  • Il set del film Ferrari in piazza Vittoria
    Il set del film Ferrari in piazza Vittoria
  • Il set del film Ferrari in piazza Vittoria
    Il set del film Ferrari in piazza Vittoria
  • Il set del film Ferrari in piazza Vittoria
    Il set del film Ferrari in piazza Vittoria
  • Il set del film Ferrari in piazza Vittoria
    Il set del film Ferrari in piazza Vittoria
  • Il set del film Ferrari in piazza Vittoria
    Il set del film Ferrari in piazza Vittoria
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    Il set del film Ferrari in piazza Vittoria
  • Il set del film Ferrari in piazza Vittoria
    Il set del film Ferrari in piazza Vittoria

Quell’edizione fu vinta dalla «volpe argentata» Piero Taruffi, e l’auto con cui lo fece era sul red carpet insieme a Pietro Lardi Ferrari, erede universale del costruttore e attuale vicepresidente del gruppo Ferrari.

Un film incentrato sulla figura del leggendario Ingegnere è stato il sogno coltivato da Mann per trent’anni: avrebbe voluto realizzarlo dopo «L’ultimo dei Mohicani» (1992), sulla scia dell’ emozione suscitata in lui dalla lettura della biografia «Enzo Ferrari: The Man and the Machine», scritta da Brock Yates, e inedita in Italia. Ma gli alti costi previsti e la popolarità contenuta della Formula 1 negli States lo indussero ad attendere. Intanto cambiavano gli attori prescelti per interpretare il ruolo principale, alcuni scartati già per questioni di altezza (Ferrari era alto 1,87), altri per sopraggiunti limiti di età. Alla fine, Mann l’ha girato alla soglia degli ottant’anni, puntando su Adam Driver - nei panni di un’altra icona italiana dopo essere stato Maurizio Gucci per Ridley Scott - e perfetto per fisicità (è alto 1,89).

La trama

L’impostazione ha coordinate da dramma shakespeariano, e asseconda nei contenuti l’idea di verità romanzata cara al cinema classico, con alto tasso di spettacolarità. Si concentra su quattro mesi del 1957, ritenendo che lì siano confluiti gli snodi decisivi per il futuro dell’uomo e della scuderia di Maranello. Il ‘57, dunque, come anno che definisce il destino di Ferrari: è quello in cui si paventava il fallimento dell’azienda e l’Ingegnere prendeva in considerazione l’ipotesi di appoggiarsi a spalle più solide (saranno alfine quelle della Fiat), mentre faceva i conti con la crisi del proprio matrimonio (acuita dalla morte del figlio Dino) e con le esigenze della sua seconda famiglia, della cui esistenza molti (ma non la moglie) sapevano.

Ferrari puntò tutto sulla vittoria della Mille Miglia e non sbagliò, anche se la corsa venne funestata dalla tragedia che a Guidizzolo costò la vita al pilota della «Rossa» Alfonso De Portago (all’epoca fidanzato con Linda Christian) e fece strage nel pubblico, con la morte di nove spettatori, tra cui quattro bambini. Tanto che fu l'ultima edizione, prima di essere vietata per ragioni di sicurezza, salvo riprendere con altra formula nel 1977.

La preparazione al film 

Mann si è preparato al set frequentando per mesi i posti di Enzo Ferrari, consultando gli archivi familiari, diventando amico del figlio Pietro, egli pure sul red carpet: «Sono affascinato da storie profondamente umane - ha spiegato il regista - e sono rimasto colpito da un personaggio così dinamico: i suoi aspetti contrastanti sono universali, ma perché così è la vita, e lui li aveva tutti concentrati in sé».

Pure Driver ha optato per una full immersion, come ha dichiarato in conferenza stampa: «Ferrari era come spronato dal lutto per il figlio Dino, dal dolore che provava, e i rapporti con le persone che lo circondavano ne erano condizionati. Di lui - chiosa l’attore - sapevo poco, fino a quando non ho conosciuto i “suoi” luoghi a Modena, e sono entrato in connessione con lui e il suo mondo: è stato davvero emozionante».

 

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