Te set prope en puor tananài!

Il dialetto – lo sappiamo – è particolarmente ricco di epiteti, ora benevolmente canzonatori, ora decisamente offensivi (argàgn, beleló, ciàncol, otavàre, peciòt, revèrcol, rödézem, tabalóre, tabernàcol, törölölö, trabécol, zavài ecc.). Tra di essi spicca indubbiamente tananài. L’origine del vocabolo è interessantissima; anche in questo caso il termine, seppure in forme diverse, è presente in molte parlate della nostra penisola. Circa la brescianità del tananài, nessun dubbio: quanti capita quotidianamente di incontrarne!
L’origine è nientemeno che biblica. Ma raccontiamo tutta la storia: il mondo ebraico, nei secoli passati, era un mondo a sé; gli Ebrei vivevano le loro tradizioni e la loro vita religiosa in totale separatezza, immersi in una società spesso marcata da un forte antigiudaismo, da pregiudizi e ostilità. Nelle formule liturgiche dell’ebraismo ritorna frequente l’invocazione beAdonai, (dove be è una preposizione e Adonai, ovvero «Signore», sostituisce il nome di Dio - YHWH - che gli Ebrei non possono pronunciare).
La formula, tanto comune e ricorrente, suonava strana e bizzarra a chi ebreo non era e fu presto usata come un richiamo derisorio a quel mondo misterioso e diverso. Venne presto storpiata in badanài / batanài, che sono le forme più diffuse nelle parlate del centro-sud, dove significano perlopiù confusione, baccano, strepito. Al nord, e quindi anche nel bresciano, si affermò invece la forma tananài con il significato di persona da poco, sempliciotto, sciocco, zotico ecc. Ma talvolta assume anche una coloritura affettuosa e scanzonata: puor tananài!
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