Se vuoi prendere in giro qualcuno, ingrana il rödézem!

Nell’elenco degli epiteti che il bresciano, più o meno scherzosamente, ama inanellare durante una conversazione e ai quali si è accennato domenica scorsa a proposito di tananài, compariva anche rödézem.
Rödézem?! Da dove arriva questo strano appellativo a molti sconosciuto? Consultiamo innanzitutto il nonno dei vocabolari del bresciano, quello detto dei Seminaristi (1759): Rotella. Ruota che ha caviglie e denti impiantati perpendicolarmente al piano della sua circonferenza per inserirsi nelle fusa della lanterna. Avete presente le antiche lampade a petrolio con quella rotellina che serviva ad alzare o ad abbassare lo stoppino? Ecco, il rödézem è esattamente quell’ingranaggio.
Il dizionario del Pasquini (2014) lo rende modernamente con rotismo, sistema di ingranaggi di una macchina, e specifica: rotismo della löcèrna, per la regolazione dell’altezza del lucignolo. E perché mai dare a qualcuno dell’ingranaggio dovrebbe essere offensivo? Perché spesso la cultura popolare ama le cose semplici, la comunicazione spiccia e diretta: tutto ciò che è complicato e astruso desta subito sospetto. E così nell’elenco citato, accanto a rödézem, troviamo argàgn e trabécol, revèrcol e zavài, tutti vocaboli che evocano l’idea di complicato, imbrogliato, malfunzionante.
Insomma, il dialetto, quando vuole canzonare qualcuno, lo accosta a oggetti e situazioni difficili e macchinose. Ma si permette poi anche di allargare lo spettro dei significati. Così rödézem assume di volta in volta anche nell’accezione di goffo, impacciato, ma anche di importuno, noioso e financo di fragile, debole.
E tutto in una semplice ruota dentata!
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