Prendiamola con «spiedosofia»

«Vöt che te la dize töta? A me le spiét el me pias mia!» Mi dice un amico. Allibisco, ma – che volete? – la libertà innanzitutto: ci mancherebbe altro che il valore degli amici si debba giudicare dagli spiedi frequentati! Forzando – ma con un sorriso – la Bibbia (Sap 4,8), verrebbe da dire che «Vecchiaia veneranda non è la longevità, né si calcola dal numero dei… momboli», applicando il passo anche all’amicizia.
Lo spiedo nell’immaginario bresciano è ben presente, ma non è sempre presenza positiva. È ancora ben diffusa l’espressione te set en spiét o fà mia le spiét (o spié, spét o splét che sia), rivolta a persona petulante, lagnosa, dalla quale si fatichi a liberarsi. Ho indagato per cercare di capire quale sia il nesso tra lo spiedo (quello vero) e l’espressione citata. Qualcuno rimanda all’assonanza spét - pét: «Che pét!» – «Che petto!» – è esclamazione femminile che – com’è noto – sta per «Uffa! Mi stai seccando!». Mi pare però ipotesi un po’ fragile.
Opterei piuttosto a un collegamento con la gestualità dello spiedo, la rotatoria ripetitività dell’atto, la cottura lenta, l’infinito girare e rigirare delle carni sulle braci, sempre uguale a sé stesso (pensiamo poi a quando ancora non c’erano le «macchinette» o i motorini elettrici). E quindi te set en spiét starebbe per «Sei ripetitivo, ti replichi all’infinito, annoi fino all’estenuazione».
Se siete più filosofi, vi è concesso pensare allo spiedo anche come alla metafora del tempo che passa, dei corsi e ricorsi delle singole «vite-prese» attorno all’asse del comune umano destino…
Nell’attesa di mettersi a tavola, naturalmente.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
@News in 5 minuti
A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.
