Il löc contadino e l'éra abbandonata col boom

Potrai lavarti in casa senza andare giù nel cortile. A volte basta una frase per segnare un radicale cambio d’epoca. C’è riuscito nel 1966 Adriano Celentano con «Il Ragazzo della via Gluck». L’approdo alla modernità del boom e l’addio alla vita rurale sono indicati - con straordinaria potenza simbolica - nell’abbandono di quello che per millenni è stato il centro della civiltà contadina: il cortile.
Cortile in dialetto bresciano si può dire semplicemente curtìl (anche nella variante curtìf), termine che come l’italiano indica una zona recintata in cui funzioni abitative convivono con funzioni agricole (la radice latina «co-hortis» parla originariamente di un recinto che comprende «anche l’orto», e poi slitta verso un uso militare per evocare un reparto unitario: «stringiamci a coorte...»).
Ma molto spesso il cortile si indica col termine éra (me lo sollecita Fabio, lettore di Dialèktika con radici nell’entroterra gardesano). Éra deriva dal latino «area» (proprio come il francese «aire»). Ma su questo filone la lingua dei nostri nonni ci regala un’altra chicca: è l’aiàl, cioè la radura nel bosco (l’«arealis» latino è aggettivo relativo all’«area») utilizzata per caricare la legna tagliata o per il poiàt, la catasta di legno dalla quale si produceva il carbone. Ma il termine che amo di più - fra quelli testimoniati nelle nostre terre per indicare l’insieme di casa e cortile - è löc. Già per i romani il «locus» era anche la residenza, la dimora. Il löc è il «luogo» in cui la civiltà contadina si sente a casa. Una continuità linguistica lunga duemila anni e giunta fino alla generazione che ci ha preceduto.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
