Il dialetto dei giovani: ma è strabello!

Ma i ragazzi di oggi parlano ancora il dialetto? Bella domanda! In effetti non è raro sentire risuonare sulle labbra delle giovani generazioni echi e vocaboli del dialetto; diciamo che talvolta, all’orecchio del dialettofono incallito - che quasi sempre giovane più non è - suonano un po’ ... «irregolari»; del resto, le lingue mutano, così come muta il mondo di cui sono la voce.
Spesso i giovani ricorrono al dialetto come se fosse un abito da indossare in particolari situazioni espressive; sempre pronti a coniare forme nuove, lo arricchiscono con voci del loro slang oppure integrano il linguaggio della loro generazione rivitalizzando vecchi stilemi del dialetto. Così capita di sentire nel corso di un’adolescenziale conversazione l’intercalare bró, che, a ben vedere, sembrerebbe proprio bresciano, ma che invece arriva dall’inglese brother, fratello (ma ho sentito usare anche frà); qualche anno fa (il linguaggio giovanile è estremamente mutevole) la lingua dei ragazzi ricorreva spesso all’appellativo vecio! anche se l’interlocutore aveva sedici anni.
Ma la sorpresa - strastrana! - ce la offre quel loro vezzo di ottenere il superlativo ricorrendo al prefisso stra-: strabello, strafigo, stralungo ecc.: «Ecco un’altra novità regalataci dal linguaggio giovanile!» diranno subito i miei “piccoli lettori”. No, ragazzi, avete sbagliato! Andate a consultare il “Vocabolario dei Seminaristi” (1759) e troverete che a Brescia, già nel Settecento, contentissimo si diceva stracontènt, arcilunghissimo dava stralông, arcipazzo stramat; e così via.
Che dire? Niente di «stranuovo» sotto il sole!
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