«El va per i otantü»: il ripasso dei numeri passa dal compleanno del GdB

Piccolo ripasso sui numeri – «aggettivi numerali» direbbe la maestra – i cardinali (uno, due, tre, ecc.) e gli ordinali (primo, secondo, ecc.). Con i primi il dialetto è super; possiede addirittura due forme distinte – una per il maschile e una per il femminile – fino al numero tre, traguardo cui non arriva nessuna delle più importanti tra le lingue sorelle nate dal latino: italiano, francese e spagnolo si fermano all’uno; il portoghese e il rumeno reggono fino al due, oltre non vanno; noi invece – almeno in alcune parti della provincia – arriviamo al tre e diciamo tré om (con la é chiusa), trè fomne (con la è aperta).
Con gli ordinali il dialetto è un po’ più fragile: prim, second, ters, quart... fin qui tutto bene; ma già quint e sest suonano strani; dall’otto in su, i conti non tornano e più si procede e più la faccenda si complica: come dire, ad esempio, quarantottesimo? Forse quarantotézem? È evidente che si tratta di forme dialettizzate dell’italiano.
Ma niente paura: il dialetto risolve la questione alla grande, ricorrendo a un giro di parole: chel che dis quarantòt, chel che dis novantatré, ecc. Una piccola questione la pongono anche i moltiplicativi (doppio, triplo ecc.): dope/dopio, va bene, ma poi? O si adotta, quando c’è, la forma italiana (comunque una forzatura), oppure si ricorre a un’altra perifrastica (che oggi è un po’ caduta in disuso): el tre dopio, el quater dopio, ecc.
Ultima forma particolare è l’enunciazione dell’età: «Ha ottant’anni» nel «dialetto classico» si dice el gh’a fat i otanta. E di conseguenza... el va per i otantü. Sì, esattamente come il nostro Giornale di Brescia.
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