I cinquant’anni dello «Squalo»: la storia in un docufilm

Sono trascorsi 50 anni, ma quelle «jaws» (fauci) di squalo spaventano ancora. E se allora fecero il record d’incassi al cinema, oggi che sono Storia del grande schermo, si confermano «evento»: sia tornando prossimamente in sala, sia con la primizia tv «Jaws@50 The Definitive Inside Story» (un’ora e 28’) di Laurent Bouzereau, il nuovo documentario che da ieri su Disney+ ripercorre il progetto che il 20 giugno 1975 negli Usa (in Italia il 19 dicembre col titolo «Lo squalo») portò su 465 schermi il film ispirato a «Jaws», best seller da 20 milioni di copie pubblicato l’anno precedente da Peter Benchley (1940-2006), ora rieditato da Magazzini Salani in 400 pagine con contenuti extra.
Il timore di essere sostituito
Fra memoir cinefilo ed evoluzione dell’immaginario collettivo, con ricca aneddotica da set, il doc della Amblin di Steven Spielberg e di National Geographic promette avvincente narrazione. Un’epopea produttiva che fece temere al regista di venire sostituito a causa di intoppi, tempi e costi delle riprese (complicatamente fatte in mare) che via via aumentavano rispetto alle stime dei produttori Richard D. Zanuck&David Brown e della distributrice Universal Pictures.
Incassi milionari
«Jaws@50» è dunque uno storico appuntamento–streaming che rende onore al film che, costato 7 milioni di dollari, ne incassò altrettanti negli Usa già nel fine-settimana di esordio per poi salire a 267,2 finali negli States e a 477,9 comprendendo quelli nel resto del mondo. L’allora 28enne regista Spielberg, già fattosi notare nel 1971 col film per la tv «Duel», mise il turbo a una carriera che gli è già valsa 24 candidature e 3 Oscar personali più quello alla carriera. «Jaws» – sceneggiato da Benchley e Carlo Gottlieb, ne ottenne 3 tecnici: Miglior sonoro, Montaggio e Colonna sonora con l’indimenticabile incubico crescendo dum-dum-dum-dum con cui John Williams accompagnò la scena iniziale in cui periva la bagnante interpretata da Susan Backline. Ma anche gli interpreti – Roy Scheider, Richard Dreyfuss e Robert Shaw – erano di prim’ordine.
Senza la moderna Cgi
Pare semplice, oggi, quella storia d’un gigantesco squalo bianco che semina panico e morte nelle acque dell’immaginaria Amity Island (in realtà Martha’s Vineyard, nota isola balneare in Massachusetts). Ma non lo fu 50 anni fa, quando per mostrare lo Squalo non c’era l’odierna comoda Cgi (Computer generated imagery) bensì tre pupazzoni meccanizzati che, pur realistici, spesso si bloccavano durante i ciak. Lo confessa Spielberg nel documentario, con eloquente «fu un’esperienza infernale, quasi persi il controllo del set». Ecco perchè «Jaws@ 50», accompagnato dallo slogan «Il film che conosci, la storia che non sai», con materiali d’archivio e inediti, spezzoni da cineteca, commenti di registi, attori, biologi marini, dà misura di quanto «Lo squalo» sia stato film seminale del terrore su schermo.
Lo squalo funziona ancora
Nel video lo confermano cineasti come Lucas (che con Star Wars nel 1977 battè il record d’incassi di Spielberg), Soderbergh (che su Jaws ha scritto un saggio), Cameron, Del Toro, Tarantino e altri; ma anche l’attrice Emily Blunt e Wendy Benchley, vedova dello scrittore e co-produttrice del doc. A parte «Jaws@50», unico documentario autorizzato da Spielberg, il 50° del film alimenta varie celebrazioni, compreso il ritorno nei cinema dal 29 agosto al 4 settembre. Perchè tra cinefilìa e fenomeno pop, come constatava il titolo d’un precedente doc, «The Shark Is Still Working–The Impact and Legacy of Jaws» (2007) di Erik Hollander, lo Squalo funziona ancora.
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