Antidivo, iconico Redford: la star di Hollywood discreta e impegnata

È stato un antidivo dichiarato e un sex symbol renitente, Robert Redford, anche perché si era da subito reso conto di come la sua (riconosciuta) bellezza inducesse molti a sottovalutarne le doti attoriali. Era invece un interprete preparato e duttile, con un certo talento naturale: «The Natural» era d’altronde, nell’originale inglese, il titolo di un melò reso in italiano come «Il migliore», di cui fu protagonista nel 1984.
Lontano dalla recitazione stile Actors Studio di Marlon Brando e Paul Newman (che erano di qualche anno più vecchi ed hanno contribuito alla stagione d’oro del cinema classico), ma anche da quella dei loro epigoni della New Hollywood anni ‘70 (De Niro e Pacino, su tutti), Redford è stato tra i più bravi in assoluto della generazione di mezzo, quella che ha fatto da collante tra epoche profondamente diverse dell’industria cinematografica a stelle e strisce.
Icona dalle mille sfumature
Con i capelli rossi che rivelava le origini irlandesi dal lato paterno schiariti in un biondo più americano, corretto e affidabile, Bobby è stato icona dalle parecchie sfumature, che lo hanno portato a muoversi con disinvoltura, e ottimi risultati, tra commedie e dramedy romantici («A piedi nudi nel parco», «Come eravamo», «La mia Africa», «Le nostre anime di notte»), action irresistibili («La stangata»), western crepuscolari o revisionisti (da «Butch Cassidy» a «Il cavaliere elettrico», passando per «Ucciderò Willie Kid» e «Corvo Rosso, non avrai il mio scalpo», ma pure per il dolente southern «La caccia»), thriller, melodrammi in costume («Il Grande Gatsby») e storie a sfondo sportivo o incuneate nella Storia («Tutti gli uomini del presidente»), vicende con al centro la politica («Il candidato») e pure quella che un tempo era chiamata fantapolitica («I tre giorni del Condor», «Spy Game»).
Privacy e gossip
La tutela severa eppure mai sgarbata della propria privacy ha perlopiù preservato dal gossip i due matrimoni (con l’attivista e produttrice Lola Van Wagenen, madre dei suoi quattro figli; con la pittrice tedesca Sybille Szaggars, compagna degli ultimi anni) e le poche altre relazioni note, tra cui spiccano quelle con colleghe come la volitiva Debra Winger e la sensuale Sonia Braga (amore durato sette anni). Un curriculum da morigerato monogamo a termine, per quanto è dato sapere, anche se la celebre frase attribuita a Barbra Streisand e da lei mai smentita («Per portarsi a letto Robert basta dirgli quanto è intelligente») apre a scenari per il momento inesplorati.

Da regista, Redford è stato forse più conservativo. Ha raggiunto l’apice al debutto (con «Gente comune», del 1980, vinse l’Oscar che sempre gli sfuggì da attore, a dispetto di tre candidature e di un consolatorio premio alla carriera incamerato nel 2002), accontentandosi poi di proporre del buon cinema narrativo di stampo classico, spesso autoprodotto, ma quasi sempre privo della cifra autorale e immaginifica che era caratteristica saliente del Sundance, il festival ospitato nello Utah, che sotto la sua egida è diventato la più importante vetrina dell’indie americano. Esemplare fulgido dell’impegno umano e civile di Redford, che ha dato frutti generosi in differenti ambiti.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
@Buongiorno Brescia
La newsletter del mattino, per iniziare la giornata sapendo che aria tira in città, provincia e non solo.
