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Da 500 anni accoglie e ripara: la storia della Bassa nella Casina

Mercoledì 7 maggio a Pievedizio di Mairano la presentazione del volume di Zana, Andrico e Franchini, l’imprenditore artefice della rinascita
L'ingresso della Casina a Pievedizio di Mairano - © www.giornaledibrescia.it
L'ingresso della Casina a Pievedizio di Mairano - © www.giornaledibrescia.it
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La Casina sta lì, nella campagna larga di Pievedizio, da cinquecento anni almeno. Accoglie e ripara. Nata come rifugio per la caccia. Forse. O per lavorare il latte delle mucche che pascolavano lì attorno. Poi si è allargata, ha attraversato stagioni che sembravano ripetersi sempre uguali mentre il mondo cambiava. Ha avuto la sua fase di decadenza e ora è il fulcro di una sorprendente rinascita.

Icona ed emblema della Bassa, ora diventa protagonista di un volume – «La Casina. Storia di un’antica cascina di Pievedizio» – che sarà presentato domani alle 19.30, nella sua aia (via Soncini 6), con la partecipazione del presidente di Confindustria Lombardia Giuseppe Pasini, di Gian Marco Quadrini presidente del Museo della civiltà contadina di Mairano, del sindaco Filippo Ferrari, di Gaetano Soncini della nobile famiglia che ne fu proprietaria per secoli, di Giuseppe Massetti presidente di Confartigianato Lombardia ed editore del libro che è pubblicato dalla Compagnia della stampa. Accanto agli autori: Tonino Zana, Gian Mario Andrico e Gianpietro Franchini, l’imprenditore che ha fatto rinascere l’intero complesso.

Spazi inattesi e sorprendenti

«La Casina va tradotta, visitata, raccontata. Oltre il grande portone di legno dolce entri in uno spazio inatteso e sorprendente. I nostri aggettivi laudativi rischiano di essere considerati un’esagerazione e allora è servito un libro per la riprova e rompere l’incantesimo tra realtà e sogno»: così Zana e Andrico, fin dalle prime righe, spiegano la logica delle trecento pagine che attraversano tempo e spazio.

Il volume è nato con lunghi incontri settimanali, franchezza di rapporti («pane al pane...») e suddivisione di compiti, secondo competenza e indole. Gian Mario Andrico tra archivi e biblioteche a cercare documenti. Cominciando dal collocare la Casina su uno dei limes della centuriazione romana, per affidarla poi alla famiglia che la possedeva, incastonata fra ampie tenute della pianura. Tutto documentato anche per immagini, dal lacerto d’epigrafe che cita «Caius Caesar divi filius pontifex imperator» alle copie degli estimi e dei registri dei battesimi che segnano la casata dei Soncini fin dal millecinquecento (Antonio fu prigioniero dei francesi durante il sacco di Brescia del 1512). Lavoro certosino, fino agli ultimi proprietari del Novecento, i Mussio.

Prende corpo così anche la cascina, con stanze e portici, e le stalle colonnate. Tonino Zana mette vita quotidiana in quelle case. Carretti e cavalli, forche e secchi, animali in stalla e nella corte. Tesse la sua tela fra le epiche foto in bianco e nero di Fausto Schena e le testimonianze dell’ultimo dei «vecchi» agricoltori, fra nevicate storiche e terre grasse da arare.

Una foto tratta dal libro - © www.giornaledibrescia.it
Una foto tratta dal libro - © www.giornaledibrescia.it

Andrico posta i termini dell’itinerario storico, Zana ne dipana trama e ordito umano e sociale. Fino a descrivere le cascine, quella cascina, come una comunità primordiale: l’aia è la piazza, attorno vivono le famiglie, il resto del mondo si allarga per cerchi concentrici. La narrazione è anche il pretesto per un’analisi delle mutazioni che hanno attraversato la Bassa: chi è rimasto e chi se n’è andato, e perché.

La libertà della campagna

Dall’economia silenziosa del gelso, che ha retto cascine e filande, chiese, castelli e palazzi, fino alla migrazione verso le città che hanno svuotato cascine e paesi. Dai malghesi bergamaschi ai mungitori indiani. Oggi si assiste ad un ritorno: anche le nuove generazioni riscoprono la libertà della campagna. La lingua del web connette la Casina e la City. La Bassa supera le solitudini dei campanili per dibattere apertamente di un futuro comune. Proprio alla Casina si è tenuto un convegno promosso dalla Fiera di Orzinuovi. E la Casina è uno degli emblemi della rinascita e del ritorno, legato alla storia di Gianpietro Franchini.

La famiglia è originaria di Brescia e quando attorno alla città c’erano le ortaglie, portava le verdure ai mercati rionali. La misura di papà Giuseppe, il matriarcato di mamma Pina. E la lungimiranza del primogenito Santino che dai vagoni della Piccola, sotto la stazione ferroviaria, approda alla Pietra e poi si mette in proprio, facendo crescere il fratello Gianpietro. Forge a Mairano, mercati mondiali. L’acquisto della Casina, nel 2005, forse è una sorta di nostalgia delle radici. Attorno allo stabile antico, Franchini pone un’ampia corona verde. Il recupero della parte storica si intreccia con nuove finalità, perché alla Casina approdano convegni e mostre, incontri e matrimoni. «Adesso la Casina ha molti soggetti dentro di sé. Va garantito uno spazio adeguato a tutti».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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