Caricature, sogni e pastrocchi: il disegno racconta l’«altro Fellini»
La fanta-realtà di Federico Fellini in mostra al MuSa. Quel limbo chiassoso e colorato – sospeso tra finzione e mondo reale – che dà vita alle proverbiali atmosfere felliniane, rivive nei disegni del grande regista. Quei «segnacci» sono una parte sostanziale del suo processo creativo: «Diceva che i suoi film – racconta la nipote Francesca Fabbri Fellini –cominciavano da lì: da facce, nasi, baffi disegnati su fogli, fazzoletti e tovaglioli dei ristoranti». Fu un passatempo, «un pastrocchiare», che lo accompagnò per tutta la vita.
Negli anni Quaranta Fellini si manteneva disegnando caricature. Sul foglio di carta poi fermò scene di vita quotidiana e quelle che avrebbe portato sul set. E non smise nemmeno quando, a 73 anni, un ictus lo costrinse alla degenza ospedaliera.
L’allestimento

È seguendo quest’ordine – cronologico oltre che tematico – che sono presentate le opere nella mostra «Federico Fellini. Dal disegno alla regia»: circa 50 tra disegni, vignette e caricature, molti dei quali esposti per la prima volta in Italia, unitamente a una raccolta fotografica pressoché inedita, con scatti che lo ritraggono sui set dei suoi film. La mostra documenta lo strettissimo legame tra il disegno e i capolavori cinematografici che hanno consacrato Fellini nell’Olimpo della settima arte. Lungo l’allestimento trovano spazio anche le origini di importanti amicizie e collaborazioni nate sul set – come quelle con Nino Rota, Nino Za e Ennio Flaiano – che contribuirono a definire le componenti musicali, scenografiche e testuali della sua poetica.
In mostra
Il percorso si apre con le caricature che il giovane Fellini, sedicenne, realizzava per il gestore del Fulgor, storico cinema di Rimini: ritratti di attori e personaggi celebri.

Anche quando Fellini divenne il regista che tutti conosciamo, il disegno rimase il suo punto di partenza per costruire scene e personaggi. Ne sono esempio «Disegno di scena», «Il passaggio delle Mille Miglia nel borgo» (per Amarcord), numerosi autoritratti e i disegni inediti di «Casanova» e «Pinocchio», realizzati nel 1982 a Salò, cittadina che frequentava.
All’inizio del percorso espositivo, insieme a locandine e manifesti dei film, si assiste alla proiezione di «Fellinette» (2020, animazione, 12 min.): cortometraggio di Francesca Fabbri Fellini in cui una bambina disegnata nel 1971 dallo zio diventa la protagonista di una favola ambientata sulla spiaggia di Rimini. Diverse opere esposte rimandano a «Amarcord» (1974) e a «Casanova» (1976).

L’inesauribile vena artistica del maestro emerge con forza anche nei disegni realizzati nell’ultima fase della sua vita, durante il ricovero nella clinica di Ferrara dopo l’ictus del 1993: 29 schizzi, bozzetti e idee di scena tracciati su fogli A4 da stampante, presentati per la prima volta in Italia grazie alla dottoressa Anna Cantagallo, fisiatra e neurologa che lo ebbe in cura. Raccontano il Fellini paziente, ma anche l’artista ancora libero, fiabesco, grottesco.
Il percorso si chiude celebrando i 130 anni del cinematografo con uno spazio dedicato ai registi salodiani che, in epoche diverse, si sono distinti nel panorama della settima arte, seguendo la rotta tracciata dai fratelli Lumière e percorsa anche dal grande Fellini: Stefano Cipani (Salò, 1986), Luigi Comencini (Salò, 1916 - Roma, 2007) e Angio Zane (Brescia, 1925 - Salò, 2010).
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