Chi è Francesco Vezzoli, l’artista bresciano di lacrime e autoritratti

Francesco Vezzoli è uno degli artisti italiani contemporanei più noti. Bresciano, ma internazionale. Contemporaneo, ma comprensibile. Attuale, ma attento al passato. Nella sua carriera ha sfruttato media diversi, dal video alla scultura, dal ricamo alla fotografia, e le sue opere sono spesso caratterizzate da un dialogo serrato con la storia dell’arte e la cultura pop, per mettere in luce la complessità dell’immagine e la fragilità della fama.
Nato a Brescia nel 1971, Vezzoli ha studiato negli anni Novanta al Central Saint Martin College of Art di Londra, una delle più prestigiose accademie d’arte e design. I suoi primi lavori, nei quali reinterpretava capolavori novecenteschi come quelli di Mark Rothko e Josef Albers attraverso ricami petit point, risalgono al 1994 e al 1996. Una volta tornato in Italia, ha ampliato il suo linguaggio espressivo passando al video e al cinema e firmando nel 2000 il cortometraggio «The Kiss (Let’s play Dynasty)» con Helmut Berger. La contaminazione tra media, storia dell’arte e cultura pop è diventata subito il tratto distintivo della sua ricerca e i suoi lavori sono allegorie del contemporaneo, con riferimenti più o meno espliciti, più o meno popolari, ma sempre ricchi di significato e di stratificazione.

Le lacrime e gli autoritratti
Un tema ricorrente nelle opere di Vezzoli è la lacrima, simbolo di fragilità e vulnerabilità. In molte fotografie e tele, decorazioni ricamate riportano lacrime sui volti di celebrità o figure iconiche. Il progetto «Musei delle lacrime», installato al Museo Correr di Venezia tra aprile e novembre 2024 e curato da Donatien Grau (curatore anche dell’installazione «Victoria mater» al Capitolium di Brescia), porta questo approccio all’interno di un dialogo con l’arte rinascimentale e manierista e mette in evidenza il rapporto tra passato e presente.

Anche gli autoritratti di Vezzoli sono un nucleo piuttosto significativo della sua ricerca. Prendiamo opere come «Selfie Sebastian» o «Self‑portrait as a Self‑Portrait (After Raffaello Sanzio)»: è qui che l’artista assume pose e ruoli di figure storiche o mitologiche, fondendo corpo contemporaneo e iconografia classica. In alcune sculture, come «Antique not Antique: Self‑portrait as a Crying Roman Togatus», Vezzoli ha perfino sostituito teste di antichi reperti con la propria, interrogando l’identità e il rapporto tra presente e passato.
Archeologia contemporanea
Un’operazione che in certi punti ricorda la prima installazione di Vezzoli al Capitolium di Brescia: qui, qualche anno fa, aveva concepito e realizzato – come artista e curatore – un progetto site‑specific che ha trasformato il Capitolium e gli spazi archeologici di Brescia in un palcoscenico contemporaneo per otto sue sculture tra il moderno e l’antico. Le opere sono state collocate in punti chiave dell’area: terrazza e celle del Capitolium, Santuario Repubblicano, Teatro Romano, Domus dell’Ortaglia, la basilica longobarda di San Salvatore e le aree romane del museo. Tra le statue che più sono rimaste impresse c’è la Nike Metafisica, installata davanti al pronao esastilo del tempio, una scultura pop‑classica che mischiava ambientazione archeologica ed estetica contemporanea.
Le sculture e installazioni site‑specific con riferimenti archeologici sono peraltro diverse. A Firenze, nel 2021, Vezzoli aveva installato in piazza della Signoria un leone novecentesco che interagiva con una testa romana del II secolo d.C., mentre in Palazzo Vecchio aveva collocato un togato romano reinterpretato in chiave contemporanea.
Vezzoli mescola dunque registri diversi — arte alta e cultura pop, sacro e kitsch, passato e contemporaneo — senza gerarchie. Usa celebri figure pubbliche per mettere in luce contraddizioni, fragilità e desideri, facendo del ricamo, del video e della scultura strumenti di analisi e critica della società contemporanea. Ma non si limita a provocare o sorprendere: invita lo spettatore a riflettere sul valore e sull’effimero delle immagini, sul ruolo dei media e della fama e sul modo in cui la memoria collettiva convive con l’arte e la cultura pop. Costruendo ponti tra simboli classici, iconografia storica e riferimenti alla modernità, favorisce il dialogo tra passato e presente, tra pubblico e privato, tra corpo e rappresentazione. E ogni suo lavoro diviene momento di osservazione critica e di suggestione estetica, coinvolgente, emozionante e intellettualmente provocante.
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