Arte

Francesco Vezzoli ricama sentimenti «pop» tra i capolavori

Ospite al Museo Correr, il bresciano «Maestro delle lacrime» demitizza l’iconografia della Vergine tra ironia e leggerezza
Un'opera di Francesco Vezzoli - Foto Alessandro Ciampi
Un'opera di Francesco Vezzoli - Foto Alessandro Ciampi
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Maestro delle lacrime. Così si presenta Francesco Vezzoli (Brescia, 1971) nella mostra al Museo Correr di Venezia fino al 24 novembre, a cura di Donatien Grau per la Venice International Foundation, in contemporanea con la Biennale (info: correr.visitmuve.it).

Lacrime, sua cifra distintiva da due decenni, ricamate personalmente su tele che riproducono Madonne dei grandi autori, modificate con i volti di star e top model, icone contemporanee. Lacrime e ricamo per sovvertire gli stereotipi di genere, smontare la retorica della debolezza da nascondere e portare alla luce i sentimenti.

Maestro delle lacrime, quindi, ma in buona compagnia. Nel suo personale «museo» allestito lungo il percorso della antica Quadreria entra infatti Giotto (citato dall’artista come uno dei pochissimi autori - a suo dire - che le lacrime hanno raffigurato) ma potrebbero starci pure Antonello da Messina e Giovanni Bellini, il Tiziano delle Maddalene e il Guercino campione dei fazzoletti stropicciati, e pure il nostro Moretto che fa piangere l’Angelo che veglia in Cristo deposto nella celebre pala della Tosio Martinengo. Per non citare tutte le eroine romantiche tanto in voga nell’Ottocento.

Analogie e differenze

Sgomberato il campo dal tabù della lacrima, cosa ci offre Vezzoli in più? Un’operazione concettuale sul tema del mito classico e contemporaneo, e sulla sua decostruzione, avviata fin da quando, nel 2001, portò alla Biennale di Venezia l’ex modella Veruska e la fece ricamare al piccolo punto; a Venezia tornò nel 2005 con il «Trailer for a remake of Gore Vidal’s Caligula» mescolando star system hollywoodiano e «peplum»; e nel 2007 con «Democrazy» immaginando l’attrice Sharon Stone e il filosofo Bernard-Henri Levy scontrarsi in un’ipotetica campagna elettorale Usa.

Chi sono gli «idoli» odierni? si chiede Vezzoli, che ha portato il dibattito anche a Brescia, con i «Palcoscenici archeologici» allestiti per Brescia Musei nel 2021. Come si costruisce il mito nell’epoca dei social e del predominio del web? Quale linea sottile divide l’arte dal kitsch? Che relazione c’è tra l’opera dei maestri del passato e l’arte contemporanea?

Strass e Pop

Nel segno d’ironia e leggerezza, l’artista fa piangere lacrime di strass alle Madonne di Giotto e di Antonello, fa sgorgare dettagli di dipinti pop dagli occhi delle Vergini di Raffaello, costruisce un vero e proprio sacrario in cui Richard Gere «American Gigolò» emerge dalle acque come la Venere di Botticelli, e rende omaggio all’architetto Carlo Scarpa, che firmò l’allestimento delle sale del Correr, nelle forme di un doge sul modello di Giovanni Bellini.

Già, Scarpa e il museo… Le opere di Vezzoli punteggiano il percorso, su piedistalli rosa e grigi. Faccia a faccia con capolavori assoluti (anche le piccole tavole anonime sono piene di grazia e maestria) denunciando la distanza tra due epoche, due linguaggi, due culture. Là un’arte compenetrata nella vita quotidiana, qui un’operazione che sfrutta il rimando, il confronto, il rispecchiamento per riempirsi di significato. In un labirinto in cui però rischia di perdersi.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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