Teatro Grande, a San Pietroburgo con Paolo Nori e le avanguardie di inizio Novecento

Dostoevskij la definì «la più prosaica e insieme la più fantastica città del mondo». Sarà San Pietroburgo la capitale culturale protagonista della quarta «Lezione di storia» proposta a Brescia dal Teatro Grande in collaborazione con Editori Laterza. Sabato 18 febbraio, alle 11, sul palco del Grande salirà Paolo Nori, scrittore e traduttore che ha dedicato romanzi e saggi alla Russia e ai suoi autori (l’ultimo è «Sanguina ancora. L’incredibile vita di Fëdor M. Dostoevskij», Mondadori).
L’attrice Elena Vanni affiancherà Nori con alcune letture. I biglietti costano 10 euro (sconto 50% per studenti); sono in vendita alla biglietteria del Teatro Grande e online su vivaticket.it e teatrogrande.it.
Paolo Nori: perché a San Pietroburgo «la letteratura è diventata più potente della realtà»?
Pietroburgo è una città che sembra finta. La prima volta che ci sono andato era il marzo del 1991, c’era ancora l’Unione Sovietica. Sono arrivato, da Mosca, alle 5 del mattino, su un treno veloce che viaggiava di notte. Ho fatto, alle cinque del mattino, tutta la prospettiva Nevskij fino al Palazzo d’Inverno cercando un bar o qualcosa per far colazione e ho trovato solo un locale dove mi han dato un tè nero e un uovo sodo. Era tutto grigio, sovietico, palazzi imperiali, enormi, bellissimi, con sopra una patina grigia, sovietica, e gli omini che si muovevano in questo panorama favoloso sembravano minuscoli e tutti vestiti uguali, con gli abiti che si trovavano allora nei negozi sovietici, tutti uguali; sono tre chilometri, ci ho messo quaranta minuti, più la sosta per la colazione con l’uovo altri dieci minuti, più un’altra sosta incantata davanti all’unico negozio occidentale, Lancôme, con una grande immagine di Isabella Rossellini in vetrina, che sembrava l’unica cosa a colori, veniva da un altro universo, e alla fine, quando sono spuntato sulla piazza del palazzo d’inverno, alle cinque e cinquanta di quel mattino del 1991, quella piazza sembrava sottomessa a una geometria non euclidea, era troppo grande, troppo irregolare, era la promessa di una relazione con quella città che sarebbe stata grande, irregolare, non euclidea. Come forse direbbe Venedikt Erofeev, non è una città, è un poema in prosa.
Lei organizzava dei tour nella città chiamandoli «Gogol’ Maps»... Può ricordare alcuni "luoghi letterari" imperdibili?
Sono talmente tanti che non ce ne sono di imperdibili; quelli che cerchiamo di vedere sempre, quando andiamo per Gogol’ Maps (abbiamo smesso dopo il 2019, per la pandemia, e riprenderemo, spero prestissimo), sono il ponte dove hanno rubato il cappotto al protagonista del «Cappotto» di Gogol’, la casa dove abitava Raskol’nikov, in «Delitto e castigo», le case museo di Puškin e di Dostoevskij.
A Brescia parlerà della San Pietroburgo di inizio Novecento e delle sue avanguardie. Com’era la vita culturale della città?
È un periodo nel quale, in Russia, succede di tutto: in musica, nel teatro, nell’arte figurativa, nel cinema e in poesia. In quel periodo si organizzano gruppi poetici che sembrano inventati: acmesisti, adamisti, egofuturisti, cubofuturisti, mezzaninisti, raggisti, centrifughisti, costruttivisti, serapionisti, espressionisti, impressionisti, biocosmici, luministi, form-libristi, noclassicisti, emozionalisti, fuisti, tuttisti e nullisti. Un decreto dei nullisti, per fare solo un esempio, suonava così: «Decreto del nullismo. Non scrivete nulla. Non leggete nulla. Non dite nulla. Non stampate nulla».
Di questo periodo sono due poeti di cui lei ha scritto, Velimir Chlebnikov e Anna Achmatova...
Chlebnikov non era particolarmente legato a nessuna città, era un marziano che avrebbe potuto scrivere i versi di Pietro Gori «Nostra patria è il mondo intero nostra legge è la libertà». Anna Achmatova invece era molto legata a Pietroburgo, lo dice lei stessa per radio durante l’assedio nazista (quando la città si chiamava Leningrado): «Tutta la mia vita è legata a Leningrado. A Leningrado sono diventata un poeta, Leningrado ha ispirato e dato il tono alla mia poesia».
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