Cultura

L'Italia rivuole il dipinto del Foppa, «mascherato» e venduto all'asta da Christie’s

Per il Tar la tavola del caposcuola del Rinascimento bresciano è stata volutamente imbruttita per essere esportata
Il dipinto del Foppa prima e dopo il «mascheramento»
Il dipinto del Foppa prima e dopo il «mascheramento»
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Potrebbe essere chiamato il «miracolo di San Pietro». Quello che ha consentito ad una tavola malconcia e scrostata - valutata come opera anonima del XVII secolo, come tale venduta all’asta a Genova il 29 maggio 2019 per poco più di duemila euro, ed autorizzata dalla Soprintendenza del capoluogo ligure ad uscire dall’Italia – di trasformarsi, dopo un restauro, in un prezioso dipinto di Vincenzo Foppa, caposcuola del Rinascimento bresciano, messo all’asta da Christie’s a New York il 22 aprile 2021 con una valutazione tra i 200mila e i 300mila euro.

Marcia indietro

Che non si tratti di miracolo, ma di una manovra messa in atto per aggirare le leggi di tutela del patrimonio artistico nazionale, lo testimonia però l’esito della vicenda, con l’intervento del Ministero che in autotutela, pochi giorni dopo la vendita ad incanto, annulla il certificato (emesso dalla Soprintendenza di Genova, organo del Ministero stesso) che aveva autorizzato l’esportazione, chiedendo il rientro in patria del dipinto. E la sentenza del Tar del Lazio, del 3 aprile di quest’anno, che rigetta il ricorso intentato dalla società proprietaria dell’opera contro lo stesso Ministero.

Imbruttito e mascherato

Ma cos’è successo? Lo rivela la sentenza del Tar, quando ricorda che «l’amministrazione (il Ministero della Cultura, ndr) si è determinata al ritiro dell’attestato in parola in quanto rilasciato sulla base di un’istruttoria ritenuta insufficiente, svolta sulla base di una denuncia fuorviante, carente ed incompleta, in cui sarebbe stata omessa l’indicazione tanto della paternità del dipinto quanto della relativa storia collezionistica. L’opera sarebbe stata sottoposta all’esame della Commissione presso l’Ufficio Esportazione di Genova “imbruttita e mascherata”, ovvero in condizioni tali da essere irriconoscibile, a causa di occultamenti “plastificanti” e di un maldestro ripasso del fondo oro, come si evincerebbe dalle fotografie pubblicate sul sito della casa d’aste Wannenes (di Genova, ndr) e riportate sul Sistema in uso all’Ufficio Esportazioni».

Il polittico perduto

In sostanza, sul dipinto sarebbe stato effettuato un «maquillage» per alterarne l’aspetto. Operazione sufficiente per trarre in inganno i funzionari della Soprintendenza che avrebbero rilasciato il nulla osta. Salvo poi, una volta fuori dai confini, rimuovere le ridipinture per far riemergere il dipinto originale, riconosciuto dagli esperti di Christie’s come «fratello» di un San Cristoforo di proprietà del Museo di Denver, entrambi frammenti di un perduto polittico del maestro bresciano del Quattrocento. Un dipinto raro e prezioso, che meriterebbe un posto in un museo in Italia.

Certo, una tavola a fondo oro, pur malconcia, attribuita a un artista del Seicento avrebbe dovuto far rizzare le antenne a più di uno storico dell’arte, ma tant’è... In attesa di conoscere gli sviluppi giudiziari della vicenda, c’è da augurarsi che l’opera, ormai uscita dai confini nazionali, possa farvi ritorno. E che l’intervento del Ministero, questa volta, sia più efficace e coerente con se stesso.

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