Viaggio negli impianti sportivi dimenticati nel Bresciano

Per sistemare quello di Folzano occorrerebbero almeno 700mila euro. Degrado anche al polivalente di via Nullo e al San Filippo
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Impianti sportivi dimenticati
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Nel ritaglio di un cortile condominiale - incagliato tra i garage e la porta d’ingresso delle cantine - c’è un campo da calcio «last minute». Le righe che lo delimitano sono un po’ sfocate, evidentemente disegnate dai bambini con i gessetti multicolor. E infatti sono stortissime: la porta, ad esempio, sta esattamente sulla curva, è ad angolo. Eppure, a una spicciolata di metri di distanza, al di là della rotonda in miniatura, un campo da calcio c’è.

Di quella «febbre da pallone», quella passione fatta di risate e di tifo sfegatato che unisce intere generazioni, però, a Folzano restano una rete sdrucita accasciata accanto alla recinzione e un terreno di gioco chiuso al pubblico. Da circa un decennio, quello spazio «nessuno lo vuole più sul groppone» (sì, dice esattamente così chi lavora nelle società sportive). Perché la struttura collegata, quella in cui stanno gli spogliatoi e i servizi, «cade a pezzi». Letteralmente: il soffitto scrostato crolla con costanza un pezzetto alla volta e quando piove «l’allagamento non fa più notizia».

Il viaggio negli impianti sportivi dimenticati parte dalla zona sud della città, ma quella delle mancate manutenzioni è una storia che purtroppo rimbalza di impianto in impianto: palestre, piscine, palazzetti, strutture di quartiere e di periferia passate dalla gloria al declino, il «marchio di fabbrica» degli spazi dimenticati, dove la manutenzione straordinaria è un miraggio. Ma si vede benissimo. Ora, con tanti anni di vuoto sulle spalle, quegli spazi presentano un conto salatissimo alla San Filippo, la società che gestisce gli impianti sportivi comunali, e alla Loggia.

Abbandono

Calcinacci che precipitano a terra. Infiltrazioni di acqua che partono sia dal soffitto sia dal pavimento. La pavimentazione del campo da gioco scollata, «il che moltiplica il rischio di inciampare». E se c’è pioggia battente, l’acqua scorre anche nel corridoio d’accesso alle gradinate.

Il centro sportivo di Folzano intitolato a Vittorio Mero è sfruttato per metà. Dieci anni di segnalazioni hanno portato a questo: un’ala - quella di pertinenza del campo da calcio - è del tutto inagibile, con il soffitto che, lentamente, sta crollando; l’altra accoglie le lezioni di badminton e pallavolo e la società per rendere spogliatoi e ambienti «almeno presentabili e utilizzabili» pittura ogni anno.

Ma non basta. La sua gestione costa uno sproposito, al punto che «senza sponsor, le bollette non si riuscirebbero a saldare». Ad illuminare la palestra sono i vecchi faretti, quelli da 15 chilowattora: «Ci sono arrivate anche bollette da 4-5mila euro a bimestre» racconta chi ci lavora. Per capire lo stato di salute della struttura non serve neppure entrare: la facciata, con gli strati di intonaco che precipitano dall’alto, è già un biglietto da visita sufficiente. Se si alza lo sguardo non va meglio: il soffitto è scrostato e i gradini delle scale sono sghembi. «Per non parlare della pulizia...». Per sistemare del tutto il Vittorio Mero, ora, «serviranno almeno 700mila euro», una situazione che secondo molti è precipitata per via di un’incuria «che si trascina da una decina d’anni».

Degrado

Docce all’asciutto, altre pericolanti. Piastrelle tagliate. Bottiglie di birra all’ingresso. La pulizia che latita. Clochard che dormono appiccicati alle vetrate della palestra. Anche il polivalente di via Nullo più di qualche occhio al cielo lo fa alzare. «I genitori non fanno fare la doccia ai bimbi»; «c’è chi non viene più da sola a lezione perché di sera, all’uscita, se tarda a fare la doccia, ha paura»; «questo spazio avrebbe un enorme potenziale, perché la palestra è bella, ma è maltenuta, a partire dai bagni: ci sono infiltrazioni e buchi nelle docce». Anche lì, come a Folzano, l’illuminazione è bollata come pessima: «Si spreca energia e con risultati pessimi».

Sporcizia, strutture decadenti, segnalazioni rimaste negli anni passati senza risposta, disservizi, spazi inutilizzabili, altri pericolosi per i più piccoli, infiltrazioni che fanno strada alla pioggia: lo schema, di struttura in struttura, si ripete. Anche alla «casa madre»: il centro sportivo San Filippo, a Sant’Anna. Una mamma, uscendo, scuote la testa e protesta: «Negli spogliatoi e nei bagni si rasenta il limite dell’igiene. Io dico ai miei figli di non toccare nulla: è assurdo, è incuria pura. Non è possibile, questo non è ormai da tempo un servizio adeguato».

Lo stesso sconcerto vale per gli utenti della piscina di via Lamarmora, dove qualche ritocco negli ultimi due anni è stato messo in campo: prima si nuotava nella penombra, ora le luci ci sono e gli spogliatoi sono stati ritinteggiati «ma restano sporchissimi». Anche lì, quando la pioggia insiste, l’acqua allaga gli spazi interni della struttura, ma il problema numero uno si chiama tetto o, meglio, copertura. «Cadono i pezzi di ruggine dal soffitto e finiscono direttamente nelle vasche della piscina. La verità - racconta uno degli iscritti - è che l’impianto è troppo vecchio, andrebbe chiuso per due mesi e ristrutturato come si deve».

L’elenco degli impianti caduti in disgrazia è lungo: dal villaggio Prealpino a Urago Mella, inclusi gli edifici contigui a campi da calcio. Servizi preziosi per le comunità e per i quartieri. Che ora, per voce di utenti e società, chiedono però di essere salvati dal degrado.

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